Sono 1.224, circa 400 in più rispetto allo scorso anno, prevalentemente donne e straniere, le persone attualmente iscritte al registro delle assistenti familiari, le cosiddette badanti, che da febbraio è gestito al Centro per l’impiego di Modena sulla base della collaborazione tra Provincia e Comune di Modena con l’obiettivo di favorire l’incontro tra domanda e offerta dei servizi domiciliari.

Circa metà delle persone iscritte (616) è in cerca di occupazione. Tra febbraio e settembre, inoltre, sono state 244, con un andamento sempre in crescita, le famiglie che si sono rivolte allo sportello del Centro per l’impiego per chiedere il servizio di intermediazione o semplicemente informazioni sull’attività.
La verifica sull’esperienza in corso viene fatta in vista del rinnovo dell’accordo tra Provincia e Comune e in occasione della presentazione dei risultati della ricerca “Da badanti ad assistenti familiari” promossa dalle Consigliere di parità e realizzata lo scorso anno a cura di Catia Iori con la collaborazione di Monica Russo.
«Anche la ricerca conferma che si tratta di un fenomeno in continua espansione – spiega Gianni Cavicchioli, assessore provinciale al Lavoro e all’Immigrazione – e con una forte rilevanza sociale visto che risponde al bisogno di famiglie, anziani, persone non autosufficienti. E questa modalità offre la possibilità di portare sui binari della legalità una tipologia di lavoro che si trova spesso ai margini. I buoni risultati raggiunti in questa fase sperimentale al Centro per l’impiego – annuncia l’assessore – sono la premessa per l’attivazione dello stesso servizio su scala provinciale a partire, nei prossimi mesi, dai Centri per l’impiego di Carpi e Sassuolo».
A solo otto mesi dall’avvio, quindi, lo sportello per assistenti familiari attivato a febbraio «sta fornendo risultati positivi, con 716 nuovi operatori iscrittisi al registro, ma soprattutto rispondendo a un bisogno crescente tra le famiglie modenesi che necessitano di un aiuto nella cura di un familiare, e delle persone, spesso straniere, che mettono a disposizione il proprio lavoro» afferma Francesca Maletti, assessore alle Politiche sociali del Comune di Modena» sottolineando come rimanga «difficoltoso inserirsi da intermediari tra domanda e offerta in un settore così intimo come quello dell’assistenza familiare, dove i bisogni sono legati alle difficoltà e alla non autosufficienza delle persone».

Oltre 1200 le assistenze
Le famiglie, gli anziani, le persone non autosufficienti che cercano assistenti alle quali affidare servizi domiciliari di cura, le cosiddette badanti, dallo scorso febbraio possono rivolgersi al Centro per l’impiego di Modena in via delle Costellazioni 180 (tel. 059 209977). E lo stesso possono fare le assistenti, per lo più straniere, in cerca di opportunità lavorative: tra febbraio e settembre sono state 716 a rendersi disponibili per il lavoro di cura portando a oltre 1.200 le iscrizioni attive alla banca dati del servizio.
Delle 244 famiglie che si sono rivolte allo sportello, ben 200 si sono avvalse del servizio di intermediazione, mentre sono state oltre 300 le richieste di informazioni con quasi 200 invii di nominativi e una trentina di colloqui congiunti con famiglie e lavoratori.
L’attività di intermediazione al Centro per l’impiego, infatti, prevede che gli operatori, anche avvalendosi di mediatori culturali, prendano in carico lavoratrici e lavoratori fornendo informazioni sul contratto di lavoro, svolgendo colloqui per valutarne le competenze (linguistiche e assistenziali) e la disponibilità oraria, suggerendo percorsi formativi. Allo stesso modo, gli operatori del Centro effettuano colloqui con le famiglie per valutarne i bisogni assistenziali e incrociare quindi domanda e offerta di lavoro. E possono essere organizzati anche colloqui congiunti tra lavoratori e famiglie.
Alle lavoratrici, inoltre, sono proposti anche percorsi formativi sia per acquisire competenze in ambito assistenziale sia per il miglioramento della conoscenza della lingua italiana.
Il Centro per l’impiego è aperto al martedì e al giovedì dalle 8,45 alle 12 e dalle 14,30 alle 16; al lunedì, al mercoledì e al venerdì solo al mattino dalle 8,45 alle 12,30.

Da badanti ad assistenti familiari
Ucraina, con un’età che si aggira tra i 44 e i 50 anni, un titolo di studio medio alto e una famiglia che l’aspetta a braccia aperte di ritorno in patria. E’ questo il profilo della badante tipo che lavora nella provincia di Modena, come emerge dall’indagine “Da badanti ad assistenti familiari: una pluralità di ruoli, un’attività da qualificare”, promossa dalle Consigliere di parità della Provincia di Modena e realizzata lo scorso anno a cura di Catia Iori con la collaborazione di Monica Russo.
Se quantificare il fenomeno del cosiddetto “badantato” non è semplice, perché parte del personale coinvolto nel lavoro di assistenza e collaborazione familiare è privo di una copertura contrattuale, ed è conteggiato nel più generale gruppo dei “lavoratori domestici”, è altrettanto vero che secondo i dati forniti dall’Inps risalenti al 2006 si stima che il numero complessivo delle badanti ammonti a 3.940. A tale cifra bisogna aggiungere la quota, difficilmente identificabile, di lavoro irregolare e sommerso.
È in particolare ai figli che sembra dedicato il sacrificio della migrazione: attraverso le cospicue rimesse inviate in patria, infatti, i figli possono completare gli studi, cercare un lavoro, e assicurarsi un futuro più stabile in un paese che molto spesso ha visto aumentare vertiginosamente il costo della vita. Con le rimesse inoltre queste lavoratrici si assicurano una stabilità anche in termini di residenza: parte della rimessa infatti spesso è destinata alla costruzione di una abitazione per la famiglia, o per il nucleo familiare dei figli, che, ormai adulti, hanno a loro volta costruito una propria famiglia. L’elemento caratteristico della storia di queste lavoratrici è l’essere pioniere del progetto migratorio: la maggior parte delle intervistate, infatti, è partita da sola, e non è stata raggiunta né dal marito né dai figli. Trattasi, come si è avuto modo di vedere, di quelle che già in altri studi sono state definite migrazioni “di scopo”, ossia movimenti di persone – inserite in famiglie stabili – mirati all’accrescimento delle risorse e al miglioramento delle condizioni di vita del proprio nucleo familiare.
La scelta di Modena, così come avviene spesso per la cernita dei luoghi di destinazione da parte di coloro che si muovono per lavoro da un paese straniero, è prevalentemente guidata dalla presenza di una rete amicale o parentale già consolidata sul territorio. La propensione a mantenere i contatti con i propri concittadini è un dato che obbliga a una riflessione: anche quando consultate in merito all’esigenza di spazi di condivisione del proprio tempo libero, molte intervistate dimostrano un certo “sospetto” verso l’ipotesi di avere spazi aperti a tutti i gruppi. Il pregiudizio che alcune donne nutrono verso “colleghe” di altri paesi è riconducibile con molta probabilità al desiderio di rivivere “casa”, di accorciare le distanze geografiche e temporali con il proprio contesto di provenienza, e di ricostruire quel bagaglio di usi e tradizioni che accomuna solo che appartiene al proprio ambiente culturale.
Trattandosi in gran parte di donne sole, l’esigenza di spazi in cui condividere il proprio tempo libero con altre lavoratrici emerge da molte interviste, ma mentre le più adulte sottolineano la necessità di luoghi riscaldati in cui poter cucinare e trascorrere il tempo assieme a connazionali, le più giovani evidenziano invece l’esigenza di spazi più articolati, che oltre alla possibilità ricreativa, offrano anche servizi di supporto concreto.
La soluzione chiave, emerge dalla ricerca, potrebbe essere uno spazio in cui le due funzioni, quella ricreativa da un lato, e quella informativa e di sostegno dall’altro, si uniscano; un luogo in cui non ci si limiti a ricreare la propria “identità”, ma in cui la presenza di servizi concreti consolidi le potenzialità di integrazione e la conoscenza del tessuto locale, e dei servizi ulteriori che questo offre. Non a caso infatti alcune donne richiedono servizi che già, in parte o in complesso, esistono, ma che molte di esse ignorano. La scarsa conoscenza dei servizi offerti dalle istituzioni e associazioni del territorio, siano essere pubbliche, private o no profit, è, come si è visto, indicatore della inadeguata comunicazione esistente in merito a quanto già attivo nella provincia di Modena per venire incontro a molte esigenze della popolazione immigrata. L’estremo impegno orario di queste lavoratrici, inoltre, non consente spesso di usufruire dei servizi esistenti, e un luogo aperto nei momenti di riposo potrebbe certamente aiutare queste lavoratrici a sentirsi meno isolate.