«Se si vuole mantenere il distretto competitivo non si può pensare di chiudere la parte produttiva di un’attività così importante per il territorio e, soprattutto, di non dare un futuro certo e stabile ai 350 lavoratori e a tutte le loro famiglie. Come associazione siamo preoccupati per gli effetti negativi che una tale decisione potrà causare sulla filiera biomedicale composta da piccole e medie imprese locali. La ricerca e lo sviluppo, in un segmento produttivo maturo come quello della dialisi, devono restare unite alla produzione, per uno scambio di conoscenze e di un’integrazione continua per poter realizzare dispositivi e macchine che siano innovativi e sempre più performanti per la tipologia di prestazioni sanitarie che devono garantire».
Con queste parole Alberto Belluzzi, responsabile delle politiche territoriali di Lapam Confartigianato, vuole mantenere i riflettori ben puntati sulla situazione che si sta venendo a verificare alla Mozarc Bellco di Mirandola dopo i recenti annunci da parte della proprietà.
«Da parte della nostra associazione massima solidarietà agli operatori dell’azienda – conclude Belluzzi –. Un modo per reagire a questa situazione, può essere la proposta avanzata dalle associazione economiche negli scorsi anni e già discussa a suo tempo sui tavoli istituzionali: quella di una valorizzazione della sanità pubblica e del distretto biomedicale dell’Area Nord attraverso la realizzazione di un centro dialisi specializzato presso l’Ospedale di Mirandola. Un’idea progettuale che è entrata nel piano per la strategia e lo sviluppo dell’Area Nord elaborato da Nomisma e adottato dall’Unione dei Comuni. Il territorio e il distretto hanno sviluppato negli anni una rete di servizi e di opportunità come il Tecnopolo Biomedicale TPM, il corso ITS Biomedicale e il futuro corso universitario. A ciò si potrebbe aggiungere un centro dialisi che integri il servizio sanitario con le imprese del territorio, incentrato sullo scambio di conoscenze e sulla sperimentazione clinica, che rappresenterebbe un ulteriore tassello per rafforzare le filiere produttive locali e parallelamente migliorare la funzionalità delle cure. Senza dimenticare l’innovazione dei materiali, come la bioplastica, che può essere un altro filone da sviluppare per completare maggiormente la filiera. Queste modalità permetterebbero di potenziare il legame sul territorio produzione e ricerca, andando a salvaguardare la vocazione manifatturiera dell’area».