In merito ad una nota stampa relativa al decesso di un neonato nei giorni scorsi, la cui mamma era stata trasferita dall’ospedale di Castelnovo Monti a Reggio Emilia, l’AUSL IRCCS di Reggio Emilia, nel confermare il triste evento occorso alcune settimane orsono, ritiene utile fornire alcune precisazioni e correggere alcune inesattezze.
In primo luogo, come facilmente intuibile, la morte endouterina di un feto è una situazione drammatica per le donne e le famiglie, per cui nel doveroso rispetto della privacy di quella famiglia e del suo intimo dolore, l’AUSL di Reggio Emila non ha effettuato alcun comunicato stampa.
Si precisa comunque che si è trattato non del decesso di un neonato, ma del parto di un nato morto, ossia di un feto morto in utero e quindi partorito già privo di attività vitale.
La donna, quasi a termine di gestazione, era giunta in Pronto Soccorso a Castelnovo ne’ Monti per dolori addominali, da lei interpretati come contrazioni da parto. I sanitari del Pronto Soccorso di Castelnovo né Monti , avvalendosi anche della consulenza dell’ostetrica – sempre presente in ospedale – hanno correttamente compreso che non si trattava dell’avvio di un parto fisiologico, ma di una situazione a elevato rischio, per cui con estrema celerità hanno garantito il trasferimento della donna a Reggio Emilia in ambulanza con un accompagnamento medico (anestesista) e ostetrica. All’arrivo a Reggio Emilia la donna è stata prontamente valutata e sottoposta a accertamenti (cardiotocografia e ecografia), che hanno confermato l’assenza del battito cardiaco fetale e la presenza di un voluminoso ematoma in sede placentare, conseguente di un importante distacco di placenta. A quel punto la donna è stata sottoposta a taglio cesareo urgente, estremamente complicato per il grande rischio di sanguinamento acuto e quindi per la salute della donna. L’intervento è comunque perfettamente riuscito. Il feto è stato preso in carico dall’équipe neonatologica che ne ha confermato il decesso, evidenziandone l’estremo pallore conseguente al distacco di placenta. Come da protocollo regionale e raccomandazioni internazionali, il feto è stato sottoposto a riscontro diagnostico tutt’ora in corso.
La morte endouterina (MEF) di un feto è evenienza drammatica ma purtroppo, nonostante i grandissimi progressi della medicina moderna ed in particolare il miglioramento delle cure ostetriche, non rarissima e piuttosto costante nel tempo.
In Emilia-Romagna, dove è attivo un sistema di sorveglianza estremamente puntuale e consolidato, il tasso di natimortalità è da diversi anni stabilmente intorno al 3-3,25‰- in linea con quello della maggior parte dei paesi industrializzati. Inoltre il sistema di sorveglianza regionale prevede su ciascun singolo caso l’applicazione di un rigido protocollo e audit clinico sui singoli casi al fine di valutare inadeguatezze dell’assistenza e/o dei percorsi
In provincia di Reggio Emilia il tasso di natimortalità è in linea o inferiore (2,5 e 2,6 ‰) a quello regionale e tale tasso non ha subito alcun peggioramento in epoca covid, a conferma della buona qualità e organizzazione dell’assistenza ostetrica nella nostra provincia.
Un tasso di natimortalità del 3‰ nati vivi significa che purtroppo, nonostante un monitoraggio scrupoloso della gravidanza, circa 3 gravidanze su 1000 esitano nella morte intrauterina del feto. Nella nostra provincia quindi 10-12 casi l’anno (100-115 l’anno nell’intera regione). La maggioranza di queste situazioni si verificano, come nel caso descritto, intorno al termine di gestazione e le cause sono piuttosto eterogenee. Il distacco di placenta rappresenta una delle cause più frequenti. Non esiste alcuna possibilità di prevenirlo né di prevederlo. Talora il distacco si associa a dolori addominali spesso interpretati dalle gravide come contrazioni. Il distacco massivo di placenta costituisce una emergenza ostetrica perché può comportare un sanguinamento massivo di sangue in pochissimi minuti con rischi elevati per il feto ma anche per la donna. A conferma dell’emergenza di questi quadri, non di rado la morte del feto è stata osservata anche in donne ricoverate in ospedale.
Nel caso riportato, si è trattato di un distacco “coperto” ossia di una perdita che non si è palesata da subito all’esterno, ma ha prodotto un ematoma placentare che in qualche modo ha tamponato le perdite massive, consentendo la stabilità delle condizioni materne, ma, purtroppo, non la sopravvivenza del feto. Infine, si vuole ribadire che l’intervento chirurgico da effettuare in queste situazioni è un’emergenza che richiede competenze specialistiche di prim’ordine oltre che di una larga esperienza, perché il rischio maggiore è quello di aggravare il sanguinamento con ripercussioni emodinamiche gravissime fino al decesso della donna o alla necessità di asportare l’utero per l’impossibilità di arrestare il sanguinamento.
In conclusione, l’evento occorso è il triste ed inaspettato esito di una gravidanza senza che ci sia stata alcuna colpa né da parte dei sanitari che con il loro pronto ed appropriato intervento hanno garantito la migliore assistenza possibile, né della Azienda che non può purtroppo impedire che evenienze simili accadano, né ovviamente della coppia, che come detto, non poteva in alcun modo riconoscere anticipatamente i sintomi.
Sperando di aver dato risposte sufficientemente esaustive, si ringraziano i sanitari coinvolti per la professionalità dimostrata anche in queste circostanze e si rinnovano le condoglianze alla famiglia.