La Gastroenterologia del Policlinico di Modena, diretta dal prof. Antonio Colecchia, docente UNIMORE ha coordinato uno studio sulla diagnosi precoce e non invasiva della steatosi epatica non alcolica, una delle principali cause di patologie epatiche in tutto il mondo. Lo studio, che ha coinvolto anche l’Università degli studi di Bologna, di Verona e di Birmingham (UK) è stato pubblicato sul numero di gennaio di Gut, la rivista della British Society of Gastroenterology (Impact Factor 32).
“L’articolo – ha spiegato il prof. Antonio Colecchia – si inserisce nel contesto della problematica della steatosi epatica non alcolica (NAFLD), oggi ridefinita Metabolic Associated Fatty Liver Disease (MAFLD), che sta emergendo come una delle principali cause di malattia del fegato in tutto il mondo. Per steatosi epatica si intende un eccessivo accumulo di lipidi negli epatociti che nelle forme lievi si identifica nel semplice “fegato grasso”, ma che può progredire in forme più avanzate, caratterizzate da danno infiammatorio degli epatociti e fibrosi, definite “steato-epatite non alcolica” (NASH). La presenza di sindrome metabolica (obesità, dislipidemia, ipertensione e intolleranza al glucosio) e il diabete aumentano la probabilità che un paziente abbia la steato-epatite non alcolica piuttosto che una semplice steatosi”.
Non vi sono dati diretti sulla prevalenza della NAFLD/MAFLD nella area territoriale Modenese sebbene in letteratura si descrive una prevalenza del 25% circa nella popolazione generale. Esiste tuttavia una fascia di popolazione a più alto rischio di NAFLD/MAFLD (prevalenza circa 60-80%) come il paziente sovrappeso/obeso e diabetico, che nel territorio provinciale è stimato essere di circa 50.000 pazienti con una ricaduta di potenziali circa 30-40.000 pazienti affetti da fegato grasso. Tra questi circa il 15-20% potrebbe avere una fibrosi avanzata e NASH e di questi il circa il 5% di essi cirrosi epatica misconosciuta. Date queste premesse, vi sono ovvie ricadute per le reti ospedaliere-territoriali Modenesi e pertanto è fondamentale una azione programmata efficace per identificare i pazienti più a rischio, mediante strumenti non invasivi, poco costosi, di facile accesso.
“Il nostro studio – aggiunge il dott. Federico Ravaioli della equipe della Gastroenterologia- riguarda la validazione di un test non invasivo per studiare i pazienti affetti da fegato grasso (MAFLD/NAFLD).Il test definito FibroScan-AST o FAST score è basato sulla combinazione di una metodica elastografica (Elastometria Transiente, FibroScan) che valuta la rigidità del fegato e la quantizzazione del grasso epatico, con un semplice esame del sangue (transaminasi, AST). Lo studio attraverso lo strumento di “metanalisi” ha analizzato 5835 pazienti derivati dai 12 studi osservazionali già pubblicati in letteratura. Dai risultati della nostra metanalisi si evince che il FAST score, è un test non invasivo semplice, efficace ed utile per meglio stratificare lo spettro della malattia NAFLD, poiché riesce ad identificare con accuratezza i pazienti a basso rischio di evoluzione, da quelli con malattia più avanzata con fibrosi e infiammazione (fibrotic-NASH) senza la necessità di effettuare valutazioni invasive come la biopsia epatica.
Questo score combinato, per lo studio della NAFLD/MAFLD, viene utilizzato da circa un anno al Policlinico di Modena nei nostri ambulatori specialistici inseriti nel contesto della rete territorio-ospedale. “Un sempre maggiore utilizzo di questi metodi non invasivi come il FAST-score nello screening della popolazione modenese ad alto rischio (obesi e diabetici) permetterà di individuare più precocemente i pazienti che necessitano di ulteriori cure specialistiche, da quelli a più basso rischio (“più sani”) a cui viene consigliato un approccio di tipo dietetico-comportamentale per il cambiamento dello stile di vita. Ciò ci permetterà inoltre di rimodulare l’accesso ed il carico dei nostri ambulatori specialistici con una evidente riduzione dei tempi di attesa e dei costi” ha concluso Colecchia.