“Nel decennio 2010-2019, sono stati eliminati 25mila posti letto di degenza ordinaria negli ospedali italiani, tagliati 110 istituti di cura e diminuito il personale dipendente del Servizio Sanitario Nazionale di ben 42.380 unità. Questi dati – forniti ieri da 30 società scientifiche dei Clinici Ospedalieri e Universitari Italiani – devono farci riflettere. E se entriamo nel dettaglio, analizzando questa volta il rapporto della Corte dei Conti sulla finanza pubblica (aggiornato al 2020, periodo 2012 al 2018), si scopre che il maggior numero di tagli ai posti letto con relativa diminuzione del personale s’è registrato in Emilia-Romagna, seguita dal Lazio. Dunque, a nostro parere, nella fase di riprogrammazione sanitaria post Covid si dovrà riflettere su una necessaria inversione di tendenza nella nostra regione”:
a lanciare la proposta è Tullia Bevilacqua, segretario regionale Emilia-Romagna dell’Ugl.
“In Emilia-Romagna, i vari dirigenti Asl, continuano a gestire il sistema secondo una logica per lo più manageriale, piuttosto che ispirata al beneficio collettivo. Pensiamo soltanto alle recenti polemiche sull’ipotesi di rimodulazione del personale medico e della chiusura notturna del servizio di Primo Soccorso dell’Ospedale Cappelli. C’è chi replica che meno posti letto non pregiudicano la qualità assistenziale. Ma la risposta non tiene conto del fatto che i tagli ai posti letto e al personale evidenziano un cambio di paradigma sanitario su cui non s’è discusso a sufficienza”: aggiunge ancora Tullia Bevilacqua.
“La riduzione dell’ospedalizzazione a favore del regime ambulatoriale e l’attribuzione delle cure primarie alle cosiddette Case di Comunità, cioè a strutture poli-ambulatoriali principalmente dedicate all’assistenza di pazienti cronici stabilizzati, risponde a un modello ormai inadeguato e che non risponde assolutamente alle necessità imposte dalle crisi pandemiche come quella del Covid. Crisi epidemiologiche che ci lasciano un preciso insegnamento: gli ospedali vanno ripensati sia in termini qualitativi che quantitativi: servono più posti letto ordinari e in terapia intensiva e servono più medici generici e specializzati”: spiega il segretario dell’Ugl Emilia-Romagna.
Come è noto, l’emorragia dei camici bianchi riguarda non soltanto gli ospedali ma anche i medici di medicina generale. Ogni anno 3.000 medici di base vanno in pensione e non si trovano i sostituti. E c’è anche la spiegazione: i medici neolaureati e specializzandi scelgono il lavoro all’estero perché gli stipendi e le condizioni di lavoro sono nettamente migliori.
“Sono temi che evidenziamo da anni e ancora ci troviamo a fronteggiare l’emergenza. Per scelte politiche nazionali e regionali in sanità s’è scelto di chiudere i “vecchi” e “piccoli” ospedali e investire su nuove strutture, come le Case di Comunità, più che sulle persone. In realtà, questi nuovi edifici non rispondono all’idea di prossimità delle cure e non sono strettamente collegati agli ospedali. Con il risultato che non si risolvono mai i problemi più acuti come: i vari Pronto soccorso al collasso o liste d’attesa mai evase”: continua Tullia Bevilacqua che conclude auspicando un “netto aumento della spesa ospedaliera e la concertazione in tavoli misti Stato-Regioni delle migliori politiche possibili per garantire il funzionamento delle realtà sanitarie territoriali in risposta alle nuove domande ed emergenze. Il Covid, purtroppo, insegna”: conclude il segretario regionale dell’Ugl Emilia-Romagna Tullia Bevilacqua.