Nel corso dell’omelia l’arcivescovo di Modena ha ricordato il Maestro scomparso giovedi’ come
un artista che “aveva il dono di natura di una voce
eccezionale” ma anche come un uomo con un grande “culto dell’amicizia” e capace di esprimere “solidarieta’ verso chi
soffriva”.

“Penso che siano pochi coloro che possono imitarlo
come tenore nessuno invece puo’ dire non essersi in grado di mettersi sulla scia della solidarietá’, della carita’, dell’amicizia, che egli ha cosi’ esemplarmente percorso”. “Restera’ il ricordo, la nostalgia di una persona che, in forza di doti eccezionali, ha saputo partorire quanto in germe aveva ricevuto dalla natura”. “Pavarotti”, ha
aggiunto l’arcivescovo, “non e’ un forestiero in questa cattedrale per la sua fede, mai rinnegata o nascosta e che esprimeva coerentemente
alle sue doti il canto.

Molti anni fa, ancora giovane, cantava nel gruppo dei ragazzi, mentre il padre faceva parte del coro
degli adulti”. “E’ giusto chiederci cosa restera’ di Pavarotti quando inevitabilmente andra’ spegnendosi l’emozione di questi
giorni: il Maestro era e restera’ per sempre una bandiera per la nostra citta’”.