Un’esperienza di ricerca dagli altissimi contenuti scientifici, condotta in un contesto internazionale che ha coinvolto in prima persona un gruppo di studenti dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia: è questa la storia del minisatellite YES2, in partenza nei prossimi giorni dalla base aeronautica europea di Baikonur nel Kazakistan, che l’ESA (Agenzia Spaziale Europea) ha voluto fosse realizzato nell’ambito di un progetto di diffusione della cultura e delle competenze in campo aerospaziale tra i giovani.

In questa avvincente sfida scientifica i ragazzi dell’Ateneo emiliano, e in particolare gli iscritti alla facoltà di Ingegneria di Reggio, sotto la guida del loro docente di Costruzione di macchine prof. Eugenio Dragoni, hanno giocato un ruolo determinante in termini di ideazione, realizzazione e collaudo della capsula, che lascerà la Terra dal cosmodromo kazako il prossimo 14 settembre

L’eccezionalità dell’esperienza, ricca di contenuti, ha molti volti: gli studenti reggiani hanno potuto, da un lato, cimentarsi su un problema concreto, esposti ad un ambiente fortemente competitivo ed internazionale, dove sono stati a continuo contatto con oltre 400 colleghi di 30 atenei europei impegnati a loro volta nella realizzazione del satellite e hanno partecipato, non da ultimo, alla creazione di un prodotto di ingegneria aerospaziale ad alto contenuto di innovatività.

“Il progetto YES2 – ha spiegato il prof. Eugenio Dragoni dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – si propone di progettare, costruire e lanciare nello spazio un minisatellite (YES2) equipaggiato con una piccola capsula passiva di rientro a terra. Per capsula passiva si intende una capsula priva di motori e combustibile (quindi particolarmente leggera ed economica), che raggiunge il suolo terrestre sotto il richiamo della sola forza di gravità. Il progetto permetterà di verificare che capsule basate su questo semplice principio possono in futuro essere adibite al trasporto frequente di piccoli campioni sperimentali dalla Stazione Spaziale Internazionale verso il suolo europeo (programma SpaceMail)”.

Assieme all’Università di Patrasso (Grecia), di Remagen (Germania) e di Samara (Russia), l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, appartiene al gruppo di quattro Università presso le quali sono stati individuati i Centri di Competenza YES2, che hanno catalizzato e sviluppato la fase esecutiva del progetto.
Completamente realizzato su iniziativa degli studenti, con il supporto dei docenti, la capsula spaziale presenta caratteristiche ad alto contenuto di innovatività.

“Una volta portato in orbita ad una quota di circa 300 km – continua il prof. Eugenio Dragoni – YES2 espellerà la capsula di rientro, denominata FOTINO, avente la forma di una sfera con diametro di circa 50 centimetri e peso di 6 chilogrammi. Per poter ricadere a terra, la capsula deve essere rallentata quanto basta per uscire dall’orbita di volo dalla quale viene rilasciata (può addirittura raggiungere 8 km/s e temperature di oltre 1.000°C). La novità del progetto risiede nella tecnica di decelerazione. Anziché avvenire, come di consueto, con l’ausilio di razzi, per la prima volta nella storia, il rallentamento sarà prodotto da un sottile (0,5 mm) cavo di polietilene lungo 30 km. Il cavo agisce come un guinzaglio che tiene FOTINO temporaneamente collegato a YES2 per poi venire tagliato quando siano state raggiunte le condizioni di deorbitaggio. A quel punto la capsula è libera di cadere al suolo”.

Partito nel luglio 2002 il progetto YES2 (2nd Young Engineer’ Satellite), coordinato dalla società olandese Delta Utec, referente per l’ESA, ha visto in un primo tempo costituirsi il gruppo READ (Reggio Emilia Aerospace Design) impegnato nella definizione delle diverse soluzioni concettuali per la capsula, soluzioni alle quali negli anni hanno contribuito decine di studenti della facoltà reggiana. Tuttavia, è principalmente attorno al lavoro di cinque studenti (nel frattempo laureatisi), Matteo Benetti, Davide Castagnetti, Alberto Leoni, Giovanni Scirè Mammano e Marco Spaggiari, che le varie fasi che hanno preceduto la realizzazione del satellite sono andate avanti ed hanno compiuti decisivi progressi.

“L’impresa dei nostri giovani studenti reggiani – commenta il Rettore prof. Gian Carlo Pellacani – è tra quelle da annoverare nei nostri guiness e si segnala come una delle più riuscite iniziative a carattere formativo proposte agli iscritti. Studio, ricerca, sperimentazione e applicazione sono e devono diventare nella vita accademica sinonimi di un impegno che deve sempre più vedere coinvolti, oltre ai docenti, anche gli studenti. Dobbiamo saper coltivare e sviluppare la loro creatività, il loro senso critico, la loro passione, la loro dedizione, che un giorno diventeranno prepotenti elementi di successo nella professione e nella vita. L’esperienza che hanno potuto compiere questi studenti è davvero unica e non vogliamo che resti tale. Ci auguriamo che il sistema istituzionale e delle imprese comprenda quale prepotente fattore di crescita e di innovazione sia oggi l’Università, di quali e quante competenze essa è capace. Sono certo che il risultato raggiunto da questi ragazzi è motivo di orgoglio non solo per l’ateneo, ma per tutta la città”.