Di Battisti e Mogol, del FestivalBar, ma che ne sanno i 2000, recita il testo di una fortunatissima canzone di Gabry Ponte. Con una punta di superbia sarebbe bello pensare di aggiungere in una qualunque parte del testo, anche il riferimento a un solo aneddoto raccolto, sulla storia del GOYA. Ho incontrato chi l’ha pensato e costruito, così come chi ha passato giornate intere organizzando le mitiche feste. Assieme a loro ho fatto un viaggio indietro nel tempo, lo stesso che probabilmente vorrebbero compiere i moltissimi sassolesi, che in questi giorni, sfilano per caso o volutamente, dalle parti di via Indipendenza. Dopo anni e non pochi d’inattività e attese, la struttura pensata dall’ingegnere reggiano Lolli (lo stesso del picchio rosso), è in fase di abbattimento. Crolla sotto l’azione delle ruspe, il Music Hall inaugurato nel dicembre del 1979, con il nome di Piccadilly Stryx. Con gli anni ottanta alle porte e con il cambio delle mode e degli stili nel mondo dei locali, non passa molto tempo, prima che si decida di invertire la rotta. Il Koxò inizialmente e il GOYA poi, saranno per tutti al solo sentirli nominare, sinonimo di discoteca.
Una struttura pensata in ogni dettaglio, con interni fatti tutti realizzare apposta, incontra l’energia e la capacità espressa da molti ragazzi e ragazze in città, uniti dalla passione della musica e la voglia di stare insieme. Il risultato è scritto. Notti di musica e divertimenti memorabili, con quasi tremila presenze a serata che salgono a ottomila, se nel conto volessimo inserire anche quelle degli altri locali confinanti e attivi. Guardandolo oggi, mentre viene giù un po’ per volta, appare difficile immaginarsi che lì dentro, qualcuno portò dei cavalli veri, provenienti da Vallurbana, a fare da scenografia per la mitica festa dedicata a Zorro. Sempre guardando la struttura in questi giorni, fa un certo effetto pensare che al piano superiore, al bar per la precisione, passasse qualche serata in compagnia di amici e di un bicchiere di jack Daniels, anche l’imperatore di Modena, quel Vasco Rossi, campione mondiale di presenze a un concerto rock. I viaggi nel tempo non sono possibili, né per le persone e tanto meno per le cose. Di certo, è possibile viaggiare a bordo di un’astronave chiamata emozione, e con quella andare a rivivere, la domenica pomeriggio o quella sera, in cui il cuore ha battuto più forte del solito.
Il GOYA non ci sarà più a guardarsi negli occhi con la facciata sud di Palazzo Ducale, al suo posto avremo delle eleganti palazzine residenziali e una nuova parte di verde pubblico. Personalmente trovo affascinante il tentativo che la gestione dello YAGO (anagramma di GOYA), sta cercando di fare, in altre parole riutilizzare l’insegna originale, invertendone le lettere. Un modo come un altro per non farlo spegnere del tutto.
Claudio Corrado