“Il piano industriale per il rilancio della fiera è in costruzione. Il problema è la perdita di 10 mln di fatturato che impongono un ridimensionamento del personale. È in atto una vertenza e allo studio soluzioni che possano salvaguardare l’occupazione”. Entra subito nel vivo del problema occupazionale il presidente di Bologna fiere, Franco Boni, nel corso dell’audizione delle commissioni Bilancio e Politiche economiche, riunite in seduta congiunta. La Società, ha proseguito il presidente, “è patrimonialmente solida, con marchi di valenza internazionale, ma insiste su un quartiere vetusto, non più all’altezza della sfida internazionale. Finite le fiere campionarie, il presente è di fiere iper specializzate. L’orizzonte della competizione è ormai globale, e l’Asia è agguerrita. Ci sono stati ritardi nel reagire all’attrattività feroce del polo fieristico di Milano, all’ossessiva ricerca di manifestazioni per riempire spazi sovradimensionati. Anche nella fusione con Parma e Rimini, Bologna si presenta con un quartiere fieristico inferiore per qualità”. In sintesi l’agenda di mandato ricordata da Boni: transazione con Lineapelle, chiusa con soddisfazione; revisione dello statuto, oggi nelle mani dei soci; consolidamento delle manifestazioni esistenti (Sana, Cersaie ed Eima), in atto; accordo definitivo per Eima, problematico per la richiesta di spazi aggiuntivi, pronto con previsione di costruire 35.000 mq; rapporti col territorio da rafforzare (il rilancio del Motor show è la sfida che la città e la regione debbono vincere; nuova sinergia con l’Università, in particolare per il rilancio della convegnistica e del congressuale); razionalizzazione della Società e predisposizione del piano industriale. In merito all’ultimo punto, Boni ha ribadito che “se ne deve parlare con tutti, ma preliminarmente va valorizzato l’aspetto architettonico del polo fieristico, senza il quale il piano industriale non può essere costruito né finanziato dagli istituti di credito”. A Bologna Fiere, ha concluso il presidente, “sono collegate 23 società, 7 le ho chiuse come primo atto del mio mandato e subito dopo ho provveduto a ridimensionare i dirigenti della Società, a tagliere le consulenze; il problema degli esuberi è evidente ed è dovuto al mutato contesto”.