“Occorre garantire agli agricoltori, sfiniti dopo anni di incursioni degli ungulati, che i danni siano risarciti per intero perché in numerose aree di montagna e collina – e non solo – della nostra regione sta diventando impossibile esercitare l’attività agricola ed il pascolo. Per questo Agrinsieme Emilia Romagna ha elaborato alcune proposte di modifica di due leggi regionali (la numero 8 del 1994 e la 6 del 2005) che regolano l’esercizio venatorio e la gestione delle are protette nel territorio regionale”. Lo comunica il coordinatore di Agrinsieme Emilia Romagna, Antonio Dosi, a seguito dell’ impennata di danni arrecati dalla fauna selvatica all’agricoltura e dall’aumento degli incidenti stradali che mettono a repentaglio la sicurezza della cittadinanza. “Va preso atto che negli ultimi 10 anni i cacciatori sono passati dai 56.944 della stagione venatoria 2003 -2004 ai 40.762 del 2013 -2014 e ai 38.785 del 2014 -2015, oltre al fatto che i danni liquidati sono cresciuti in proporzione ai danni arrecati. Il continuo invecchiamento dei cacciatori e la loro progressiva riduzione – sottolinea il coordinatore di Agrinsieme – può inoltre determinare una diminuzione delle risorse finanziarie da destinare alla prevenzione e al risarcimento danni, oltre che ridurre la disponibilità del volontariato necessario per coadiuvare gli agricoltori nell’approntamento delle opere di prevenzione e nell’attuazione dei piani di controllo”.
La Regione Emilia Romagna ha liquidato nel 2014 un milione e 469.238 euro (di questi i danni da ungulati ammontano a 285.576, mentre la nutria ha contribuito per 173.976), contro un milione 357.429 complessivi del 2013.
“In sostanza è nostra opinione che la legislazione nazionale venga modificata, ma in attesa riteniamo necessario intervenire sulla normativa regionale attuando le possibili modifiche alle due leggi regionali indicate, allo scopo di risarcire integralmente il danno subito, responsabilizzare maggiormente i gestori delle aree protette e dare la certezza che sia assicurata la necessaria unitarietà della politica faunistica regionale e provinciale anche in questi territori. Occorre poi dare certezza circa i tempi di attuazione dei piani di controllo – conclude Dosi – e la normativa deve togliere ogni potenziale vincolo”.