“Al di là della sua rilevanza economica, della sua complessità e ricchezza di articolazioni, l’agroalimentare dell’Emilia-Romagna ha per noi anche una valenza profondamente culturale e identitaria – ha sottolineato l’assessore regionale all’agricoltura Simona Caselli – così come noi pensiamo che la lettura combinata della nostra agricoltura, del paesaggio e del turismo sia una lettura di noi e delle nostre comunità, ma anche una chiave di sviluppo. In questi giorni stiamo avviando molte relazioni internazionali. Vogliamo farlo proponendo un nostro modello che è fatto di cooperazione, qualità dei prodotti e dei modi di produrre. Mettendo a disposizione la nostra attitudine a lavorare insieme e la nostra esperienza”.
Secondo i dati illustrati dal Roberto Fanfani dell’Università di Bologna, l’Emilia-Romagna è una delle regioni leader dell’agroalimentare, con una produzione che vale 20 miliardi di euro, prima in Europa per numero di prodotti Dop e Igp (ben 41), seconda per numero di aziende alimentari (7.676) e quinta per numero di addetti (circa 70 mila persone). Elevata la propensione all’export con valore di 5,5 miliardi di euro, dato questo che rende l’Emilia-Romagna la prima regione italiana per esportazioni agroalimentari con una quota del 16% circa del totale nazionale (media triennio 2012-2014). Nel primo semestre del 2015 l’export agroalimentare e cresciuto del 4,5%, L’apertura verso il resto del mondo dell’agroalimentare regionale è confermata anche dal valore delle importazioni, pari a circa 6,4 miliardi di euro.
L’alimentare emiliano-romagnolo vale il 15% del fatturato totale nazionale e rappresenta il secondo settore manifatturiero regionale. I 70 mila addetti dell’industria alimentare valgono il 18% del totale nazionale.
Considerando anche gli importanti settori collegati, quali quelli della ristorazione, della distribuzione e della produzione di macchinari e attrezzature il totale dei lavoratori impegnati direttamente e indirettamente nel comparto agroalimentare emiliano-romagnolo arriva a oltre 300 mila unità.
Nel 2014 l’export agroalimentare emiliano-romagnolo è cresciuto del 2,6% e gli ordinativi esteri del 2,8%. Per quanto riguarda le esportazioni i principali paesi di sbocco restano quelli europei (Germania con il 28,7% dei prodotti agricoli) e Germania ( 18,5% di quelli alimentari), ma cresce il peso degli Usa, verso i quali esportiamo il 7,2% dei prodotti trasformati.
Rilevante il peso del comparto cooperativo: le 778 cooperative presenti in Emilia-Romagna producono, infatti, il 60% del fatturato complessivo e rappresentano un terzo delle aziende cooperative dell’agroalimentare italiano. L’organizzazione è d’altra parte un altro degli aspetti che più caratterizzano il comparto agroalimentare in Emilia-Romagna, che può contare su 52 Organizzazioni di produttori con migliaia di associati.
L’agricoltura emiliano-romagnola è fortemente identitaria e legata al territorio, con prodotti sia continentali che mediterranei, aperta all’innovazione e alla ricerca. Nel 2014 il valore della produzione agricola dell’Emilia-Romagna è stato di 6,8 miliardi di euro con un valore aggiunto di 3,4 miliardi di euro.
I 41 prodotti Dop e Igp dell’Emilia-Romagna (record sul totale europeo di 259 ) rappresentano oltre il 40% del valore complessivo nazionale. Sul podio il Parmigiano Reggiano Dop (19% del fatturato complessivo delle Dop e Igp emiliano-romagnole), seguito dal Prosciutto di Parma Dop (11%), dall’Aceto balsamico di Modena Igp (6%) e dalla Mortadella Bologna Igp (4%).
Significativo l’impatto occupazionale che per l’agricoltura significa 65 mila addetti nel 2014 (con un aumento dell’occupazione femminile dell’1,9%).
Il valore della produzione agricola è dovuto per il 53% alle produzioni animali, per il 33% a frutta e ortaggi, per il 13% ai cereali e alle colture industriali.
Tra i “primati” dell’agroalimentare emiliano-romagnolo anche il biologico, che colloca l’Emilia-Romagna al quinto posto in Italia e al primo nel Nord Italia per numero complessivo di imprese: pari a 3.876, un dato in crescita del 2,8%. L’Emilia-Romagna è, invece, prima in Italia se si considerano solo le imprese di trasformazione e vendita di prodotti bio: 867 con un aumento dell’8,6%.
In crescita il settore dell’agriturismo (+2,7 % nel 2014) con oltre 1.100 agriturismi.