Se non vi fosse stato l’immediato e positivo esito investigativo delle indagini condotte dai Carabinieri di San Polo d’Enza, l’incendio di autovettura compiuto questa notte ai danni di un autotrasportatore si sarebbe urlato all’ennesimo episodio intimidatorio. Nessuna organizzazione criminale quindi dietro l’incendio della Renault Laguna appiccato questa notte a San Polo d’Enza, in quanto la responsabile è risultata essere l’ex compagna della vittima che avrebbe agito per gelosia non accettando che dentro l’auto salisse la nuova ragazza del’ex. Una vicenda per certi aspetti assurdi se si considera che solo quest’estate la donna aveva denunciato l’ex per maltrattamenti ottenendo anche il provvedimento cautelare di divieto di avvicinamento al proprio domicilio emesso dal Giudice nei confronti dell’uomo, divenuto a sua volta vittima. Con l’accusa di incendio e danneggiamento i Carabinieri di San Polo d’Enza hanno arrestato una donna di 36 anni residente nella bassa reggiana ristretta a disposizione della Procura reggiana. Accuse a cui si deve aggiungere quella di abbandono di minori poiché per compiere la vendetta non ha esitato a lasciare a casa da sola la figlia minore.
L’origine dei fatti poco prima delle 2,00 quando i Carabinieri di San Polo d’Enza intervenivano in paese per l’incendio doloso di un’autovettura Renault Laguna di un 36enne reggiano. Una volta che i Vigili del Fuoco di Sant’Ilario d’Enza domavano le fiamme, che danneggiavano anche altra autovettura Honda Civic parcheggiata accanto, gli operanti facevano un sopralluogo tecnico appurando l’origine dolosa dell’incendio desunta anche dalla presenza di una latta da 5 litri con residui di benzina e un accendino. Alcune testimonianze acquisite dai carabinieri indicavano l’autore essere fuggito a bordo di un’autovettura azzurra. Questa circostanza, congiunta al rapporto conflittuale avuto tra la vittima e l’ex compagna, indirizzava le attenzioni investigative dei Carabinieri di San Polo d’Enza, verso la donna proprietaria di un’utilitaria azzurrina. Il rinvenimento in strada di un cappello in pile nero con pellicciotto sequestrato dai Carabinieri e riconosciuto dalla vittima essere uno simile a quello avuto dall’ex, rafforzava i sospetti che vedeva i carabinieri raggiungere la donna in un comune della bassa dove risiede. Nonostante la donna negasse di essere uscita da casa ed alla luce degli elementi raccolti a suo carico, ivi compreso il motore ancora caldo del’auto nonostante le rigide temperature a riprova che era stata appena parcheggiata, i Carabinieri davano corso ad una perquisizione con esito positivo rinvenendo un giubbotto nero (corrispondente a quello notato da un testimone) con sul colletto trace di cappelli bruciati presenti peraltro anche all’interno dell’autovettura in uso alla donna.
Incalzata dalle domande e messa con le spalle al muro dai riscontri acquisiti dai carabinieri la donna anticipava le risultanze d’indagine ammettendo le proprie responsabilità “giustificate” come atto ritorsivo nei confronti dell’ex che passava poco tempo con la figlia. La donna veniva quindi arrestata e ristretta a disposizione della Procura reggiana.