consumosuoloMartedì 22 gennaio ore 21 la Gabella ospiterà il prof. Andrea Arcidiacono del Centro di Ricerca sui Consumi del suolo e docente di urbanistica presso il Dipartimento di Architettura e pianificazione del Politecnico di Milano. La serata che apre le attività della “Scuola di Etica e Politica Giacomo Ulivi” mostrerà come il consumo del suolo è cambiato nel corso degli ultimi decenni, e come è possibile organizzare processi di urbanizzazione in grado di rispettare maggiormente l’ambiente e il territorio.

Il Centro di Ricerca sul Consumo di Suolo (CRCS) nasce da un protocollo d’intesa siglato tra l’Istituto Nazionale di Urbanistica (INU) e Legambiente ONLUS che stabilisce l’unione delle rispettive competenze e capacità per elaborare e divulgare – anche mediante il contributo di altri soggetti associativi istituzionali ed accademici che ne condividono motivazioni ed obiettivi – dati e contributi per la conoscenza del fenomeno del consumo di suolo in Italia e in Europa.

Le ragioni per le quali è utile discutere, conoscere e agire per limitare il consumo di suolo possono essere sommariamente ricondotte a tre principali categorie: il consumo di suolo produce impatti diretti e indiretti sull’ambiente, poiché i suoli naturali e agricoli che vengono urbanizzati perdono irreversibilmente le proprie capacità fisiche e biologiche: dalla fissazione della CO2, al ciclo delle acque, dal microclima alle connessioni ecologiche. Il consumo di suolo altera il paesaggio e con esso l’identità storica dei luoghi, banalizzando la lenta trasformazione della natura da parte dell’uomo attraverso una disseminazione, non adeguatamente governata, di nuovi volumi edificati. Il consumo di suolo deteriora la qualità dell’abitare: a fronte del beneficio privato connesso alla trasformazione dei suoli (spesso frutto di un investimento a basso rischio, teso ad appropriarsi della rendita fondiaria), la collettività è chiamata a subire i costi ambientali e sociali indotti dalla dispersione insediativa. Per tutto questo, conoscere quanto suolo viene “consumato” è irrinunciabile. Altrettanto necessario, però, è comprendere le cause di tale consumo, indagarne gli esiti territoriali e infine sperimentare adeguati strumenti di governoL’urbanizzazione dei suoli liberi, ovvero il passaggio da un uso naturale o agricolo verso un uso urbano, riveste un carattere di sostanziale irreversibilità e – per quanto possa segnalare differenti livelli qualitativi – si configura in ogni caso come “consumo” di suolo.Tale fenomeno è ancora poco conosciuto, sia nelle quantità che nelle forme e nelle determinanti, ma soprattutto ancora incerte e inadeguate sono le politiche messe in atto, ai differenti livelli istituzionali di governo del territorio, per contrastarne le dinamiche. L’Emilia Romagna oggi è sempre più una regione periurbana, periferia caratterizzata da una dispersione insediativa diffusa che risparmia solo alcune zone della montagna. Lungo la via Emilia o percorrendo la costa non c’è più un tratto sgombro da edifici; manca la possibilità di uno sguardo ampio sui paesaggi del nostro territorio anche ricchi di identità e storia.

Le infrastrutture lineari (le strade, tangenziali complanari ecc) e il proliferare dei capannoni hanno frammentato il paesaggio togliendone funzionalità agricola e creando barriere invalicabili per gli uomini e gli animali. La media di urbanizzazione del suolo nella nostra regione, dal 1976 al 2003, ha segnato un ritmo di 8,2 ettari al giorno, aumentando successivamente nel periodo tra il 2003 ed il 2008 a 8,4 ettari al giorno. Alla luce dei questi dati è evidente come le politiche urbanistiche debbano essere riformate, riassumendo credibilità, e affiancate da strumenti forti di gestione del territorio.