Un gruppo di fisici del Centro di Ricerca S3 (Nanostructures and Biosystems at Surfaces) dell’Istituto Nazionale per la Fisica della Materia di Modena, coordinati da Paolo Facci, primo ricercatore Infm, ha messo a punto il primo modello di nano-bio-transistor basato su singola proteina, nella fattispecie l’azurina, in ambiente liquido.


Lo straordinario risultato, che promette una vera e propria rivoluzione in campo tecnologico, è pubblicato questa settimana su ”Applied Physics Letters”, una delle prestigiose riviste dell’American Institute of Physics.

”L’azurina, -spiega l’Infm- come le altre sostanze che rientrano nelle famiglia delle metallo-proteine a rame blu, quali ad esempio amicianina e plastocianina, è caratterizzata dalla funzione di ‘electron-transfer’, trasferimento di elettroni attraverso le molecole. In natura questo processo si rivela di fondamentale importanza in funzioni vitali quali la respirazione, la otosintesi, e varie reazioni enzimatiche. Perchè allora -prosegue l’Infm- non provare a trasferire lo stesso meccanismo, che permette a un organismo di vivere, nell’elaborazione dell’informazione digitale? Edè questa l’intuizione geniale del team di ricerca coordinato da Paolo Facci, che è così riuscito a mettere a punto un biotransistor davvero innovativo”.

Ma ecco come è nato il nano-bio-transistor.
”L’azurina -dice l’Infm- è stata posta in posizione strategica tra due elettrodi in oro, che agiscono rispettivamente da sorgente e pozzo del transistor. Un terzo elettrodo, che agisce da gate, permette all’azurina, posta al centro, di far fluire la corrente. L’intero processo si svolge in ambiente liquido, e in questo sta la vera novità dello studio: si tratta infatti della prima volta che viene messo a punto un nano-bio-transistor in queste condizioni”.

E le ricadute tecnologiche potrebbero essere davvero rivoluzionarie. ”Riteniamo -spiega ancora l’Infm- che il nostro nano-bio-transistor basato su singola proteina potrebbe trovare utilizzo e avere grande funzionalità in diverse situazioni che prevedono ambienti acquosi, come interfacciare matrici di microelettrodi/dispositivi elettronici con sistemi biologici quali neuroni (brain-machine hybrid interface) o nell’elettronica molecolare verde (in ambiente acquoso), nanosensori ad altissima sensibilità e risoluzione spaziale”.
In particolare, l’innovativo dispositivo è stato messo a punto nel Centro S3 -Nanostructures and Biosystems at Surfaces- di Modena, istituito nel 2002 dall’Istituto Nazionale per la Fisica della Materia, ente di ricerca attualmente in fase di accorpamento al Consiglio Nazionale delle Ricerche, nell’ambito di un programma di sostegno all’eccellenza scientifica.

Il Centro S3, diretto da Elisa Molinari, è dedicato alle nanoscienze e nanotecnologie. Qui fisici, chimici, biologi, medici e ingegneri lavorano insieme per acquisire nuove conoscenze sulla struttura e le funzioni della materia su scala atomica e molecolare, essenziali per progettare materiali e dispositivi d’avanguardia nel campo delle scienze della vita e delle tecnologie dell’informazione.