La sentenza della Corte Costituzionale che ha abrogato gli articoli 3 e 4 della manovra di Ferragosto, lascito velenoso del governo Berlusconi immediatamente fatto proprio nello spirito da Monti, può avere un’importanza storica per il nostro paese.
Sul piano della democrazia, innanzitutto, perchè afferma l’impossibilità di scavalcare l’esito di un referendum, di cancellarne immediatamente gli effetti normativi, con un colpo di mano parlamentare che riporti lo status quo giuridico al punto di partenza.
Ora sappiamo che la cattiva politica può tentare di ignorare la volontà popolare, ma che in Italia esiste ancora una Costituzione che ne è garante, e che ha la capacità di tutelarla in ultima istanza.
Il secondo elemento fondamentale è la difesa dei beni comuni e della possibilità di una loro gestione pubblica o comunitaria dalle pretese di privatizzazione di forze politiche e sociali accecate dall’ideologia o interessate a costruire nuove posizioni di rendita speculando sulle difficoltà della finanza pubblica indotte dalla crisi.
Deve infatti essere chiaro che l’esito di previsioni normative che costringano a cedere beni e servizi fondamentali fissando per legge scadenze ravvicinate entro cui portare a termine l’operazione non può che essere la svendita di tali asset, in violazione di qualsiasi principio di corretta amministrazione.
Fino a ieri parlavamo di questo, mentre oggi, grazie al ricorso di 6 regioni, prima fra tutte la Puglia di Nichi Vendola, ai nostri Enti Locali viene restituita la libertà elementare di decidere in autonomia le migliori modalità con cui offrire ai propri cittadini beni e servizi come l’acqua, la gestione dei rifiuti, l’energia, le farmacie, persino talvolta teatri e biblioteche.
Resta un ultimo ostacolo, gli articoli 3 e 4 del decreto sulla spending review, che tuttavia dovrebbero immediatamente essere ritirati dal governo, se questo godesse ancora di un briciolo di saggezza tecnica, alla luce della loro analogia con la norma abrogata dalla Corte.
Ora, finalmente non più costretti dalla spada di Damocle della costrizione a privatizzare, è tempo che, con il pieno coinvolgimento dei movimenti e delle comunità locali, si apra anche in questa Regione un dibattito vero sulla riorganizzazione dei servizi e delle aziende di gestione, che vada oltre la tendenza al gigantismo di ipotesi come quella di Multiutility del Nord, in direzione di un pieno rispetto del quesito referendario sulla risorsa idrica, di una politica dei rifiuti che esca dal ciclo dell’incenerimento, come prova a fare la proposta di legge popolare recentemente depositata da SEL, di una riforma della governance delle aziende, ormai ostaggio delle scelte di manager strapagati e autoreferenziali.
Tutto questo oggi è di nuovo possibile, grazie alla tenacia di tante e tanti cittadine italiane che si sono fatti carico del percorso referendario, dei milioni che ne hanno decretato il successo, e dalla sinistra che ha correttamente interpretato il proprio ruolo di governo.
Noi di SEL proveremo a far si che possa essere non un punto di arrivo, ma di partenza.
(Giovanni Paglia – Coordinatore regionale SEL, Giuseppe Morrone – Coordinatore Federale SEL Modena)