Nel corso del Consiglio comunale di Carpi di giovedì 19 gennaio l’assessore all’Urbanistica Simone Tosi ha risposto ad un’interrogazione del consigliere PdL Roberto Benatti sulla vicenda Lamiz. Benatti, ricordando l’odg del Pd votato a fine 2010 e chiedendosi tra l’altro se si potesse costruire una fonderia nell’area in questione, sita in via Lama di Quartirolo, si chiedeva poi se ci fossero novità nella vicenda; se la proprietà avesse chiesto la trasformazione del terreno da tessuto polifunzionale produttivo a residenziale; quale fosse la minusvalenza realizzata o realizzabile da parte dei proprietari di quel lotto grazie all’ordine del giorno del Pd; se fosse possibile stante la situazione attuale costruire una fonderia in loco; se il Comune fosse a conoscenza di una norma dei primi del Novecento che vieterebbe questa costruzione a distanza minore di metri 50 dal piede degli argini. “Questa normativa si può applicare al caso in questione visto che la costruenda fonderia è a ridosso della Cavata orientale, scolo sotto la tutela del Consorzio di Bonifica? Chiediamo la conferma scritta del Consorzio stesso che autorizza questa fonderia a ridosso del canale succitato”.

Tosi ha replicato a Benatti che la novità più rilevante “è il mancato accordo tra la proprietà della fonderia e il comitato di cittadini sorto in zona contro la sua costruzione. Il Pd a me non risulta – ha detto – abbia suggerito alcunché, forse il consigliere si riferisce all’approvazione da parte del Consiglio di un ordine del giorno specifico su questa area. Nel caso ad oggi non sono state depositate nessuna richiesta di cambio d’uso dell’area. La realizzazione del manufatto e le attività che si svolgeranno all’interno sono in regola con le nostre norme tecniche di attuazione, il Regolamento edilizio; prima del rilascio del permesso di costruire si deve accertare anche dagli enti preposti alla salvaguardia della salute dei cittadini e dei lavoratori e dell’ambiente relative autorizzazioni, che ARPA e USL hanno regolarmente rilasciato. Occorre fare una premessa poi prima di rispondere ad una delle domande di Benatti, ricordando che è trascorso più di un secolo dal Regio decreto del 1904 da esso richiamato e pertanto varie normative nazionali e regionali hanno comportato significativi cambiamenti, sia per ciò che riguarda il concetto del termine ‘acqua’, vedi il termine di risorsa sostenibile, sia nell’individuare i soggetti pubblici chiamati a rivestire il ruolo di enti preposti alla salvaguardia e tutela ambientale dei corsi d’acqua del loro regolare deflusso. Si richiama in particolare modo la Legge 183/1989 e seguenti che istituisce le Autorità di bacino per i bacini idrografici di rilievo nazionale, con il compito di risolvere attraverso la pianificazione integrata le frammentazioni istituzionali e di competenza fin a quel momento previsti per legge. Nel nostro caso la legge in questione ha portato alla costituzione dell’Autorità di Bacino del fiume Po quale ente competente alla redazione del Piano di bacino idrografico, quale principale strumento di pianificazione e programmazione territoriale di settore e strumento conoscitivo-normativo e tecnico-operativo, le cui disposizioni, una volta approvato, hanno carattere immediatamente vincolante per le amministrazioni e gli enti pubblici, nonché per i soggetti privati. Al riguardo vi ricordo che ai sensi dell’art. 2 del PTCP (Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale) della Provincia di Modena, approvato in data 18 marzo 2009, così recita: a seguito del raggiungimento della intesa tra la Provincia di Modena e l’Autorità di Bacino del Fiume Po il presente Piano assume il valore e gli effetti del Piano stralcio per l’Assetto idrogeologico del fiume Po. Da ciò se ne deduce che in relazione ai temi del dissesto, delle fasce fluviali, della criticità idraulica, ecc. il PTCP persegue l’obiettivo di garantire la relativa tutela ambientale e salvaguardia idrogeologica. Dalla disamina degli elaborati predisposti dalla Provincia il vincolo di tutela imposto dal Regio decreto non è stato riportato né cartograficamente e tantomeno nelle norme attuative; di contro i pareri di ARPA e AUSL, quali enti preposti all’esame preventivo dei progetti di insediamenti produttivi che possono avere significativi impatti sull’ambiente e sulla salute, non riportano le condizioni limitative così come esposte nell’interrogazione. Pertanto si ritiene che l’intervento sia conforme ai dispositivi vigenti, avendo superato l’esame degli enti preposti alla salvaguardia ambientale”.

Tosi ha poi ribadito che l’amministrazione comunale “ha applicato le norme attuative che discendono da strumenti di programmazione sovracomunale, vedi il già citato art. 2 del PTCP vigente, nonché l’applicazione delle disposizioni di rispetto della fascia dei 10 metri, a seguito dell’eliminazione della fascia di rispetto dei 50 metri operata dalla Provincia di Modena. Si ricorda poi – ha continuato – che il Regio decreto del 1904 istituisce una fascia di servitù idraulica pari a 10 metri, con l’intenzione di evitare che la realizzazione di manufatti, all’interno di tale fascia, alteri lo stato dei luoghi e possa compromettere il regolare e normale deflusso delle acque. Al riguardo il Piano particolareggiato approvato non prevedendo opere tali da modificare il regolare andamento del canale e conseguente deflusso delle acque, non ha previsto la richiesta di parere del Servizio tecnico di bacino del Consorzio della Bonifica. Occorre comunque sottolineare che il Consorzio aveva già effettuato uno studio di fattibilità di adeguamento della Cavata Orientale alle portate derivanti dalle urbanizzazioni ad est dell’abitato di Carpi, compreso questo Piano, come da studio di fattibilità inviato al Comune a dicembre 2005. Se ci fosse stato un problema del genere il Consorzio di Bonifica avrebbe trovato delle eccezioni già in sede di predisposizione del progetto di fattibilità di cui al punto precedente, oppure in sede di rilascio delle autorizzazioni allo scarico richieste dai soggetti attuatori del Piano particolareggiato”.

Benatti in sede di controreplica ha sottolineato come l’ente locale “stia lavorando assieme al Consorzio per tappare i buchi di chi ha progettato questo intervento dieci anni fa, senza che qualcuno si sia preoccupato di dire al Consorzio che si sta facendo una fonderia in quell’area nei tre mesi che sono trascorsi dalla mia interrogazione. Chiederemo noi a loro se la norma è ancora in vigore: vi approfittate del fatto che tanto il Consorzio non emette multe…”