Quello dei monasteri medievali è un tema arcano e affascinante. Dove si trovavano, perché venivano costruiti, che tipo di vita vi si conduceva? Nell’incontro “Monasteri Medievali in Emilia Romagna”, in programma il 22 ottobre all’Aula Absidale S. Lucia (ore 14.30), storici e archeologi ci guidano in un viaggio alla scoperta degli edifici in cui monache e monaci trascorrevano una vita di religiosità.

L’introduzione di Sauro Gelichi risponde all’esigenza di ordinare una tematica complessa e articolata, come complesse e articolate sono le dinamiche grazie alle quali i monasteri sono nati e hanno acquisito ciascuno un proprio significato culturale, economico, politico e territoriale.

Durante l’Alto Medioevo tutta la regione vede il diffondersi di monasteri e abbazie. Questi luoghi sono stati indubbiamente centri di vita religiosa ma spesso anche custodi e propulsori di cultura, nonché amministratori di vasti beni immobiliari. La carrellata su alcune delle più note realtà monastiche della regione –Nonantola, Pomposa, Sant’Antonio in Polesine di Ferrara- intende evidenziare le diverse modalità di origine e di rapporto con i singoli territori, al di là di una vocazione spirituale e di un’evidenza materiale e architettonica piuttosto omogenee. Ci guidano in questo percorso Alessandra Cianciosi per Nonantola, Paola Novara per Pomposa e Chiara Guarnieri per Sant’Antonio in Polesine; la parte finale è introdotta da Mauro Librenti che presenta alcuni monasteri del Basso Medioevo interessati di recente da indagini archeologiche.

Un’attenzione speciale è riservata al monastero di Santo Stefano di Bologna, al centro di un importante progetto di restauro. Il monastero, noto ai bolognesi come le Sette Chiese, è ricordato come “monasterium qui vocatur Jerusalem” nei documenti scritti già alla fine del IX secolo. La Chiesa del Santo Sepolcro, con la famosa edicola del Calvario, è uno dei rari edifici al mondo in grado di indicarci come potesse essere nell’immaginario medievale la vera e propria chiesa del Sepolcro a Gerusalemme.

L’intero complesso di Santo Stefano riproduce in maniera simbolica le tappe della passione di Cristo, in una sorta di via crucis che i devoti potevano percorrere in sostituzione del pellegrinaggio nella Città Santa: lo confermano gli stessi nomi degli ambienti rimasti, il cortile di Pilato, la chiesa del Sepolcro e la chiesa della Resurrezione

Renata Curina, Beatrice Borghi e Tiziana Lazzari offrono un aggiornato panorama delle affascinanti ricerche finora condotte sulla storia di questo splendido complesso e sul suo rapporto con la città e il territorio.

L’incontro, aperto a tutti, è organizzato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna e dall’Università di Bologna. L’iniziativa fa parte degli eventi organizzati nell’ambito della Settima Edizione della Festa della Storia che si tiene a Bologna dal 16 al 24 ottobre 2010.