«Il Paese non è un’azienda della Fininvest, Berlusconi e Bossi non sono i padroni dell’Italia. Fini? Il suo discorso è stato onesto e coraggioso, ma ci ha messo un bel po’ a capire com’è Berlusconi, che non è peggiorato negli ultimi tempi». È stato molto duro Walter Veltroni, fondatore e primo segretario del Pd, intervenuto ieri a FestaReggio. «Oggi – ha sottolineato – si vuol far passare l’idea che sia normale che la maggioranza uscita dalle elezioni del 2008, dopo un anno e mezzo di litigi, si stia dissolvendo e si arroghi il diritto di chiedere di nuovo il voto. È una cosa assurda e ridicola, almeno quanto la loro difesa dell’attuale legge elettorale: perfino il suo estensore, il leghista Calderoli, l’aveva definita “una porcata”».
Al giornalista Jacopo Della Porta che gli chiedeva un’opinione sulle alleanze e sull’atteggiamento del partito in caso di elezioni anticipate, Veltroni ha risposto con chiarezza. «Ora non dovremmo discutere di alleanze: il nostro obiettivo principale è colpire la destra, arrivare a un nuovo governo per cambiare la legge elettorale e poi andare al voto. Deve far riflettere il fatto che oggi, in un momento di grande difficoltà dei nostri avversari, i sondaggi ci diano diversi punti sotto il 33,5% ottenuto nel 2008, quando eravamo noi in difficoltà. Dobbiamo recuperare la nostra aspirazione originaria, che non è avere il 51%, ma diventare il perno di un’alleanza riformista. Il lavoro di Nichi Vendola è importante perché sta aggregando una sinistra dispersa e frantumata, per cercare di condurla in un’alleanza riformista. Non ho mai creduto ad alleanze “contro”, si possono fare solo alleanze “per”: sono le uniche in grado di cambiare un paese e noi ne abbiamo terribilmente bisogno, solo noi possiamo spezzare quest’atmosfera da Gattopardo, in cui tutto cambia e nulla cambia. Nel 2008, quando è nato il Pd, volevo costruire la casa comune dei riformisti italiani e, da allora, non ho cambiato idea».
Su eventuali capi della coalizione di centrosinistra, l’ex segretario è stato categorico: «Dobbiamo smettere di parlare di nomi invece che di programmi, in questo purtroppo ci siamo berlusconizzati: c’è chi si esercita a proporre alleanze super allargate ma pretende comunque che il leader sia del Pd, così non va. Tutti noi siamo emanazioni di storie e partiti che sono stati utili per il nostro paese. Siamo in una situazione critica, per cui la gente difficilmente direbbe no a chi proponesse meno litigiosità e più ordine in cambio della concentrazione delle decisioni nelle mani di una o poche persone. Solo tornando a parlare il linguaggio dei giovani e della gente, occupandoci dei veri problemi degli Italiani, noi raccoglieremo di nuovo consensi: la parola d’ordine del nostro vocabolario non dev’essere “difendere”, ma “cambiare”». Quanto alle contestazioni subite dal presidente del Senato alla festa di Torino, ha dichiarato: «In un dibattito si ascolta chi è invitato a parlare; Di Pietro difende i manifestanti, ma allora è incoerente visto che il rappresentante dell’Idv partecipa normalmente alle riunioni dei capigruppo al Senato davanti a Schifani».
Nel giorno in cui la parte sana del paese piange il sindaco di Pollica, ucciso da nove colpi di arma da fuoco, Emanuele Cavallaro – che presiede l’incontro/intervista alla Sala Bonazzi – chiede un minuto di silenzio per il ricordo di Angelo Vassallo. Veltroni a FestaReggio ha parlato anche di mafia e violenza, partendo dalle stragi del 1992-93, arrivando fino ad oggi, con l’assassinio del sindaco: «In quale paese un sindaco viene ucciso semplicemente per aver rispettato le leggi? Quando in Italia si cerca di cambiare l’ordine delle cose, succede sempre qualcosa, spesso di anomalo e sanguinoso. Dopo piazza Fontana l’Msi aumenta il suo peso; il giorno in cui dovrebbe nascere il governo di unità nazionale viene rapito Moro e durante i giorni della sua prigionia succede di tutto, a partire dal falso comunicato della banda della Magliana che puntualmente spunta in tante vicende italiane. Prima del 1992 la mafia non aveva mai fatto stragi, chi gliel`ha suggerito e perché all’inizio del 1994 ha smesso? Chi ha tolto di mezzo Falcone e Borsellino, facendo sparire la sua agenda? Già allora io dissi che “non era solo mafia”, oggi Pisanu parla di “antistato”, il procuratore antimafia Pietro Grasso di “entità”, riferendosi a una pericolosa amalgama di mafia, servizi segreti deviati, massoneria e altro. La verità è che la mafia ha bisogno della politica per fare affari e parte della politica ha bisogno della mafia per avere voti. Se Berlusconi definisce “eroe” un pluriergastolano come Vittorio Mangano, noi dobbiamo essere molto rigidi, anche “in casa nostra”, dentro al Pd».
Anche Bonaccini-Alessandri a FestaReggio
Più che un dibattito, è stata una corrida. Sul palco e in platea una sfida di politica muscolare. Del resto, che l’incontro tra il segretario regionale del Pd Stefano Bonaccini e il suo omologo della Lega nord Angelo Alessandri (sul tema “Federalismo: Bologna-Roma solo andata?”), presentasse più di uno spunto per provocare scintille si sapeva. «Ma il pluralismo e l’apertura sono caratteristiche della nostra festa», ha spiegato la capogruppo del Pd in Provincia, Ilenia Malavasi, che ha introdotto la discussione.
La conduttrice della serata, la giornalista Liviana Iotti, ha avuto il suo bel daffare per tenere l’ordine ieri sera, in una gremitissima tenda dibattiti a Festa Reggio. Complice l’atmosfera incandescente tra i due oratori e le rispettive claques. Continue le reciproche interruzioni, ed a fare da contrappunto le esternazioni delle opposte “tifoserie”. Per mettere ancora più pepe, prima dell’inizio, ha fatto capolino in sala Marco Lusetti, il primo espulso dalla Lega nord emiliano-romagnola, che evidentemente voleva sapere dal vivo che cosa il segretario “nazionale” del Carroccio avrebbe detto sulla sua espulsione e sui relativi “18 punti” di motivazione.
Che hanno continuato a rimanere ignoti, visto che, ad espressa domanda della moderatrice, Alessandri ha risposto attaccando «Telereggio e l’agenzia di stampa Dire, che sembra abbiano in mente solo questa cosa, che riguarda tre persone, mentre c’è un migliaio di tesserati nuovi per la Lega, che è in grande crescita. Il vero problema è che stiamo davvero crescendo troppo: se andassimo a votare, in Emilia-Romagna saremmo al 20%. La prima espulsione è stata votata all’unanimità, e successivamente si è svolto un congresso, dove ho spiegato le motivazioni, e 120 persone su 120 si sono dichiarate d’accordo». E la Lega si dice « pronta alle elezioni, anche se la priorità è che la maggioranza a livello nazionale continui a governare».
Lasciando da parte i problemi interni al Carroccio emiliano, tra Bonaccini ed Alessandri c’è un abisso. Da una parte il segretario democratico che colpisce duro sul «federalismo che è in crisi, perché la destra italiana è populista e regressiva. E non avete mai davvero inciso sulla politica del governo, dal momento che siete stati al governo otto degli ultimi dieci anni, e negli ultimi due siete sempre stati impegnati a risolvere i problemi di Berlusconi». E che avanza proposte concrete: lotta per allentare il patto di stabilità, «perché i comuni virtuosi possano, impiegando le proprie risorse, dare ossigeno all’economia in crisi»; maggiori risorse per la scuola, «che in Germania sono state stanziate, nonostante una manovra economica persino più pesante di quella italiana», un incremento della percentuale di rientro dei capitali (dal 5 al 10%) con lo scudo fiscale. «La nostra Regione ha stilato un patto, con l’accordo di tutti gli enti locali, delle forze sociali ed imprenditoriali, per finanziare gli ammortizzatori sociali. Sono queste le cose che contano, ed è il vero federalismo. Il centro-sinistra vuole dare risposte a tutti. Se si può impegnare nei nostri Comuni una parte delle risorse che sono in cassa per fare infrastrutture, asili, lavori pubblici, ben venga: farebbe parte di quelle misure di rilancio dell’economia, che porterebbero un po’ di lavoro alle imprese e qualche soldo in tasca in più per fare ripartiree i consumi», conclude.
Dall’altra il segretario leghista che attacca a testa bassa il governo Prodi, Bassolino e la Iervolino, («che devono pagare per quello che hanno combinato con i rifiuti a Napoli»), Visco, («che ha solo incrementato le tasse, mentre con questo governo non sono aumentate»), Fini «che anche lui risponde ad una logica politica conservativa», il «sistema Errani, che tutela solo le cooperative», ed i cinesi «che fanno concorrenza sleale alle nostre imprese». Il clou viene raggiunto con l’esaltazione della politica contro la mafia di Maroni, acclamato a gran voce dai leghisti presenti. Bonaccini, pur riconoscendo che il titolare del dicastero degli Interni è tra i migliori ministri del governo, non ci sta: « Legalità vuole dire anche che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. Dite che se fosse stata approvata la legge sul processo breve, sarebbe andato in prescrizione il 40% dei processi per salvare Berlusconi». Alessandri lo rintuzza: «Non prendo lezioni da chi rappresenta un governo che ha fatto uscire dalle carceri migliaia di persone con l’indulto, e che ha difeso i governanti della Campania, Consorte e Sacchetti».
Alla fine, nonostante le differenze innegabili, qualche seme di dialogo c’è: sulla riforma del patto di stabilità, dove anche gli amministratori leghisti hanno espresso consenso, ed Alessandri si è dichiarato disponibile, per quanto possa fare, ed anche sul federalismo fiscale, dove un tavolo tecnico tra maggioranza ed opposizione non è così improbabile. Ovviamente, elezioni permettendo.
La PAC è ancora fondamentale per il futuro della UE
Ne ha discusso un Laboratorio della Festa Nazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione
Entro l’autunno la commissione europea dovrà predisporre la comunicazione contenente le proposte sul futuro della PAC (Politica Agricola Comunitaria), al cui interno saranno contenuti gli obiettivi e le linee strategiche della nuova politica agricola comune.
Mentre in ambito europeo sta accadendo tutto questo, il nostro paese non ha promosso alcuna discussione parlamentare sull’argomento e, come ha sottolineato la senatrice Pignedoli nella sua introduzione: “Non è stato previsto nessun coinvolgimento delle commissioni, né alla Camera né al Senato, per discuterne. Come Partito Democratico abbiamo depositato una mozione in cui abbiamo chiesto che le aule parlamentari possano almeno partecipare a queste discussioni, ma le nostre richieste sono state ignorate”.
Queste le motivazioni che hanno spinto il PD a dedicare alla riforma della PAC uno dei tre laboratori previsti dalla Festa Nazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione.
Franco Sotte e Angelo Frascarelli, docenti di Economia Politica Agraria rispettivamente presso l’Università di Ancona e l’Università di Perugia, hanno presentato le loro proposte di riforma.“I nostri suggerimenti partono da due assunti: il primo è la necessità di dotare l’Europa di una politica per i sistemi agricoli e alimentari; il secondo è che questa politica deve essere rivolta al futuro svolgendo un ruolo pro-attivo nel governare l’evoluzione e nell’orientare i comportamenti degli attori del settore agroalimentare e del mondo rurale”.
Mario Campli, presidente della sezione “Agricoltura e biodiversità” del Comitato Economico e Sociale, ha sottolineato, invece, l’importanza della PAC, in quanto unica vera politica comunitaria “Se l’Italia si estromette dalle decisioni che riguardano una riforma così importante – ha detto Campli – automaticamente corre il rischio di estromettersi da tutte le politiche europee” e ancora: “Sarebbe importante creare altre politiche comunitarie, e la soluzione non è includere nella PAC altri argomenti non attinenti all’agricoltura, come invece si è fatto sino ad oggi.”
Corrado Giacomini, docente di Economia Agroalimentare all’Università di Parma, ha osservato come “quello che è importante, oltre le intenzioni, sono i criteri di fattibilità dei progetti, a tal proposito bisogna tener presenti due fattori: il primo è la crisi economica che tuttora stiamo vivendo e che difficilmente lascerà le cose com’erano prima, quindi il quadro che andremo a ridisegnare con la riforma della PAC è completamente diverso dal precedente. Secondo fattore è che la globalizzazione esiste e ci viviamo dentro. In questo senso è necessario mettere le imprese nelle condizioni di potersi muovere all’interno di un mercato che non è più solo europeo, ma mondiale, senza dimenticare che il prodotto è competitivo se la filiera è competitiva”.
Ospite d’eccezione Bart Soldaat, segretario di Groupe de Bruges, il quale ha voluto aprire il suo intervento con un’immagine molto significativa, scattata nelle campagne fiamminghe: un cartello in un campo di grano con scritto: “No Farmers, no food, no future”. Da questo ha preso spunto per dire che “ bisogna puntare su un sistema di incentivi e disincentivi, che renda conveniente agli agricoltori migliorare le proprie prestazioni e innovarsi.” Lo stesso Soldaat ha poi dichiarato che “la PAC deve tornare alla sua essenza e successivamente essere integrata in altri campi”.
Al termine degli interventi diversi spettatori hanno voluto porre domande agli esperti, testimoniando quanto la questione PAC sia importante per cittadini (produttori e consumatori), politici e associazioni di settore.