Se ancora non si può parlare di ottimismo, rispetto al futuro dell’economia regionale, certamente “minor pessimismo” è la definizione più appropriata per descrivere l’atteggiamento con cui le imprese dell’Emilia Romagna stanno affrontando la difficile congiuntura e guardando al futuro. Lo chiarisce il presidente di Confidustria della regione, Anna Maria Artoni, che questa mattina, insieme al presidente di Carisbo, Filippo Cavazzuti, e al presidente di Uniocamere Emilia Romagna, Ugo Girardi, ha presentato il rapporto congiunturale relativo al secondo trimestre 2009.
I dati continuano a dare conto di di un momento che, almeno rispetto ai numeri, è ancora negativo. Il segno meno, infatti, caratterizza tutti gli indicatori economici dell’Emilia Romagna e il finale d’anno è tutto in salita, nonostante quelli che siono stati definiti segnali di “disgelo”. Nel secondo trimestre 2009, infatti è proseguita la decelerazione produttiva. La produzione manifatturiera è diminuita in volume del 16,3% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ampliando il calo, pari al 14,9%, già riscontrato nei primi tre mesi del 2009. Il ridimensionamento ha riguardato tutte le classi dimensionali: il calo più accentuato si è verificato per le imprese medie, da 10 a 49 dipendenti, ed è stato prossimo al 18%. Nelle piccole e grandi la diminuzione è stata più contenuta, vicina al 16%. L’unico settore in controtendenza, seppur negativa, è quello alimentare dove il calo è stato soltanto dell’1,6%, comunque importante se si pensa che nei dodici mesi precedenti c’era stata una crescita, seppur contenuta, dello 0,5%. Tutti i rimanenti settori hanno avuto flessioni a 2 cifre, compresi tra il – 15,6% delle cosiddette ‘altre industrie’ e il -26,8% di quelle dei metalli.
Stesso trend per il fatturato che è diminuito del 18%, traducendo solo in minima parte il calo (attorrno all’1,5%) dei prezzi praticati alla clientela. In ambito settoriale c’è stato un generale peggioramento rispetto al primo trimestre e ai 12 mesi precedenti. L’unico settore che ha relativamente tenuto e’ stato, anche su questo fronte, quello alimentare che ha registrato una diminuzione tendenziale contenuta del -2,8%. negli altri ambiti il ventaglio di flessioni pe’ stato compreso tra il 28,7% dell’industria dei metalli e il 13,6% delle industrie della moda.
Forti cali anche per la domanda in calo tendenziale del 16,2%, mentre nel resto dell’Italia e nel Nord Est le flessioni sono state relativamente più contenute (15,2 – 14,9%). Il risultato peggiore è stato registratio dalle industrie dei metalli, da quelle meccaniche, elettriche e dei mezzi di trasporto, la cui diminuzione del 16,7% si e’ distinta dall’andamento dei dodici mesi precedenti (-5,5%). Il solo settore anticiclico è risultato essere ancora una volta quello alimentare e quello delle bevande che ha limitato le perdite (-1,5%), a fronte di una sostanzale tenuta dello scorso anno (+0.1%).
Le imprese esportatrici hanno inciso per il 32,3% del totale rispetto al 29,6% nazionale e 40% del Nord est. Rispetto all’incidenza dell’export sul fatturato, in Emilia Romagna, regione naturalmente vocata alle esportazioni, emerge una percentuale del 37%, inferiore di tre punti circa rispetto sia alla media nazionale sia al Nord Est. L’andamento delle esportazioni ha subito un calo tendenziale superiore al 9% (in Italia -12,3%; nel Nord Est 2,6%).
Sul fronte dell’occupazione, fine 2009 e inizio 2010 si presentano in salita. Guardando ai numeri della cassa integrazione guadagni, nei primi nove mesi delll’anno quella ordinaria, ovvero di matrice anticongiunturale, è salita dell’820%.
“La situazione non è delle più rosee. La prima parte dell’anno è stata difficile, soprattutto per l’Emilia Romagna a causa della caduta verticale sui mercati esteri. E’ indubbio che ci siano dei segnali di risveglio nell’economia internazionale: in Cina, in India, negli Usa, dove sta ripartendo il mercato immobiliare, ma – ha fatto notare Artioli – le ricadute in Emilia Romagna ancora sono scarse. Mancano dunque elementi concreti, ma la fiducia degli imprenditori c’e’: le aspettative del sistema economico non sono di ripresa immediata, ma per il 2010”.
“Ma non credo – ha aggiunto il presidente di Confuindutria Emilia Romagna – che la strada sia univoca per tutte le imprese: significherebbe credere nel posto fisso. Invece l’impresa è un rischio, dunque non c’è certezza che possa durare per sempre, perchè, ad esempio, può uscire dal mercato, ristrutturarsi… Ci deve essere una rete di protezione per chi esce temporaneamente dal mercato”. Contemporaneamente, ha precisato, “allungare per sempre situazione che già all’origine si sa che non hanno futuro, non ripartiranno, significa dare ‘l’aspirina a un moribondo’, bloccare il sistema e anche nuove idee imprenditoriali, nonchè la nascita di nuove imprese. Ciò che va fatto è ridurre il più possibile il tempo della tirpresa e intervenire sui sistemi che sono inadeguati, come lo è il nostro welfare. Ora bisogna concentrare ogni sforzo – ha detto Artoni – si a quei fattori che possono aiutare la domanda. Dobbiamo cogliere le opportunita’ che la crisi offre per fare un salto in avanti, con la ricreazione di valore e potenziamento del sistema delle imprese”.