Gli applicarono un catetere perche’ non riusciva a produrre l’urina per il narcotest: per questo un brigadiere dei carabinieri e un medico del pronto soccorso sono destinatari di un avviso di fine indagine per violenza privata con l’aggravante di essere stata commessa da pubblici ufficiali.
La vicenda risale a fine primavera ed è avvenuta in un paesino della Valle del Santerno, zona Imola. Un operaio venticinquenne e’ stato fermato per un controllo stradale. Il giovane ha subito detto di non aver ne’ bevuto ne’ fumato quella sera, ma ha ammesso di aver fumato una canna in passato. E’ stato portato in ospedale per fare il narcotest, ma non riusciva ad orinare. Allora il brigadiere gli avrebbe prospettato una denuncia per rifiuto di eseguire il test e, come alternativa, l’applicazione del catetere. Il ragazzo se lo e’ fatto applicare, convinto di essere tenuto a farlo. E’ risultato positivo ai cannabinoidi e gli e’ stata ritirata la patente.
Il test pero’ non indica quando e’ avvenuta l’assunzione di stupefacenti, che puo’ risalire anche a diversi giorni indietro.
Il Gip Pasquale Gianniti nelle motivazioni aveva scritto che ”il referto non rappresenta affatto prova del fatto che l’assunzione dello stupefacente sia avvenuta immediatamente prima del rilascio del campione delle urine, ben potendo la rilevata positivita’ significare che l’assunzione era risalente nel tempo”.
Il giovane si è quindi rivolto al suo legale per la vicenda del ritiro della patente e Vista l’anomalia delle procedura hanno deciso di presentare un esposto.