È il talento più discusso del teatro degli ultimi anni, Rodrigo García, argentino, trapiantato in Spagna da una quindicina d’anni, osservatore lucido e impietosamente preciso del caotico mondo contemporaneo.
Dopo il grande successo riscosso lo scorso gennaio al Teatro delle Passioni, torna, da oggi a domenica 26 ottobre, alle ore 21, questa volta al Teatro Storchi di Modena, per presentare, in prima nazionale, ‘Jardinerìa humana’, quasi un titolo-manifesto della sua poetica: il “giardinaggio” di cui si parla è quella coltura in cui siamo tutti immersi e manipolati, in vista di un improbabile e meschino successo personale. È la società dei consumi, l’orgia dei prodotti dei supermarket a diventare la vera legge fondante delle esistenze, eppure non c’è moralismo nella messinscena, solo un desiderio di mettere a nudo, in modo anche ironico, comico, le ipocrisie di fondo.
‘Jardinerìa humana’ è forse l’opera più radicale e intransigente dell’autore e regista argentino-spagnolo. È la storia di un insonne che paragona la sua esistenza a quella di una pianta. Una storia su un giardino, un posto che si suppone essere piacevole, dove ogni sorta di fiore – selvatici, esotici, di vivaio – vengono coltivati. Poi vengono venduti, abbelliti, confezionati, rimodellati dall’arte del giardinaggio. Il sognatore insonne allora realizza che corpo, sorriso, ogni cosa, è rimodellata in base alla moda e ai codici di vendita. Il mondo appare un giardino ben tenuto. Vi vengono coltivati umani che gradualmente si disintegrano. “Non intendo una disintegrazione psicologica – racconta García – ma una visibile deformazione fisica.”
Un appuntamento prestigioso per Le vie dei festival, con uno spettacolo forte, sconsigliato ai minori di sedici anni, da gustare in spagnolo, con l’aiuto dei sottotitoli in italiano.