Il settore italiano delle macchine e delle attrezzature per la ceramica rappresentato da Acimac chiude il 2024 con un fatturato totale di 1,80 miliardi di euro. Dopo tre anni di crescita costante, la produzione registra quindi un calo pari al -24%, assestandosi sullo stesso livello raggiunto nel 2019, l’ultimo anno prima degli eventi che hanno scosso il commercio internazionale (pandemia, crisi delle materie prime, inflazione, guerre). A dirlo il Centro Studi Mecs-Acimac, che ha pubblicato i dati preconsuntivi relativi al 2024.

La frenata riguarda sia l’export che il mercato domestico. Il mercato interno ha cubato 480 milioni di euro, con un -26% rispetto all’anno scorso. La corsa delle esportazioni si è fermata a 1,32 miliardi di euro, segnando un -23,4% rispetto al 2023. Il calo è diffuso in tutte le aree geografiche, con pesanti risultati nel continente americano e in Europa, e qualche segnale positivo su singoli mercati, come ad esempio Algeria e Vietnam.

Ma il vero impulso per i prossimi anni potrebbe arrivare dalla ripresa dell’edilizia, con 1000 miliardi di investimenti attesi nei prossimi 4 anni nel mondo, di cui 700 miliardi nella sola Asia. Di conseguenza anche la produzione mondiale di piastrelle è prevista in crescita da qui al 2028.

«Stiamo attraversando un momento molto critico, è inutile negarlo, e ce lo aspettavamo – commenta il Presidente di Acimac Paolo Lamberti -. C’è sicuramente un elemento di ciclicità come ragione di questa crisi, ma non solo. Subentrano altri fattori come la competizione internazionale sempre più aggressiva, in particolare quella cinese, una naturale flessione dovuta ai forti investimenti degli ultimi anni da parte dei clienti sulle loro linee produttive e l’aumento dei nostri costi produttivi. Sul fronte mercato interno – prosegue il Presidente – siamo al momento insoddisfatti dai nuovi incentivi per l’industria 5.0: la misura, infatti, non ha trovato fino ad oggi applicazione a causa delle forti limitazioni introdotte per i settori soggetti a normative Ets, come quello ceramico. E anche le recenti modifiche in fase di approvazione, nonostante allarghino la platea, rischiano di non vedere piena adesione da parte delle aziende a causa del poco tempo rimasto per accedervi. E certamente non aiuta nemmeno la restrizione prevista dal governo per il 2025 circa il 4.0. Mentre sul fronte export guardiamo al crescente fabbisogno di piastrelle che verrà soprattutto dall’Asia e dal Medio Oriente, per via dei forti investimenti previsti nei prossimi 4 anni. Ma per quanto riguarda il nostro settore – conclude Lamberti -, ci prepariamo a un 2025 ancora in sofferenza, sperando di tornare a crescere nel 2026. Intanto, mi preme sottolineare il valore del nostro Made in Italy che prosegue sempre, tra soluzioni digitali e tecnologie sempre più efficienti, come emerso in modo limpido dal successo dell’ultima edizione della nostra fiera Tecna e dal convegno “Ceramica di Valore” che abbiamo organizzato di recente».