Alle Scuderie del Quirinale, apre domani, 31 ottobre, alle visite del pubblico la mostra ‘Guercino. L’era Ludovisi a Roma’, a cura di Raffaella Morselli e Caterina Volpi, che ospita una delle opere più rilevanti del celebre maestro del Barocco emiliano: ‘Cristo crocifisso con la Vergine, Maria Maddalena, Giovanni evangelista e san Prospero’, uno dei capolavori presenti nella Basilica della Ghiara di Reggio Emilia, all’altare della Comunità (o del Crocifisso), dove è collocato da 400 anni.

Dopo alcune operazioni di restauro – finanziate dalle stesse Scuderie del Quirinale e svolte da Cristina Lusvardi del Laboratorio Restauro-Conservazione opere d’arte di Reggio Emilia,s sotto l’egida della Sovrintendenza e con la cura dei Musei Civici di Reggio Emilia – la grandiosa pala d’altare reggiana è stata concessa in prestito, con l’assenso della Fabbriceria della Ghiara e del Comune, che è proprietario della tela, alla prestigiosa sede espositiva e di promozione culturale romana e potrà essere ammirata – assieme ad altre 120 opere di straordinario pregio del Seicento – fino al 26 gennaio prossimo 2025.

Ieri, si è svolta la visita alla mostra in anteprima, alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella e di diverse autorità, fra cui quelle del Comune di Reggio Emilia.

 

REGGIO EMILIA E IL CRISTO CROCIFISSO DEL GUERCINO La tela del Guercino, opera di primissimo piano sia nella produzione artistica del Guercino sia nel panorama pittorico seicentesco, si intreccia con la storia della città di Reggio Emilia. E’ nel 1624, che il Consiglio generale degli anziani della città emiliana incarica Giovanni Francesco Barbieri – detto il Guercino per via di uno degli occhi colpito da strabismo – il lavoro per l’altare della Città (o della Comunità), che era stato finanziato e realizzato direttamente da Comune e ancora oggi porta sulla sommità lo scudo argenteo crociato di rosso, stemma della città e del libero Comune. L’opera fu realizzata fra lo stesso 1624 e il 1625.

Il Cristo crocifisso della Ghiara è di un Guercino maturo, che ha vissuto l’esperienza romana accanto ai Ludovisi e fa tesoro delle influenze e delle esperienze artistiche vissute a Roma. Il quadro, di dimensioni notevoli (oltre 4 metri per 2,5), ha una impostazione solenne, di primo acchito monumentale, ma al suo interno contiene – in un contesto di assoluta tragicità – una dinamica di azioni e gesti familiari, amicali, affettuosi, di cura, che si integrano e traggono linfa dal Sacrificio estremo che viene rappresentato. La tavolozza dei colori è scura, tende al cupo, ma è al contempo ricercata, raffinata e decisa; la luce, utilizzata con assoluta maestria, esalta i contrasti ed evidenzia la plasticità delle figure.

Nel 1625, quando l’artista portò personalmente a Reggio Emilia la sua opera finita per consegnarla alla Città e ai padri Servi di Maria che custodivano come oggi la Basilica, la fu compreso da subito il rilievo artistico e simbolo dell’opera. Non a caso, infatti, al Guercino furono assegnati 500 ducatoni d’argento come pattuito, ma anche una preziosa collana d’oro con la medaglia della Madonna della Ghiara.

Le connessioni tra l’opera del Cristo crocifisso e Roma, a cui anche oggi si assiste grazie a mostra, si fecero sentire subito: agli inizi del Seicento il Guercino era stato contattato per la decorazione della cupola della Basilica della Ghiara, ma non poté accettare l’incarico in quanto convocato dal papa Gregorio XV, appunto il bolognese Alessandro Ludovisi, a Roma.

Terminati gli impegni romani, riecco il Guercino in Emilia e in particolare a Reggio, per il Crocifisso e per altre opere mirabili quali ad esempio la Madonna assunta con angeli e i santi Pietro e Girolamo in Duomo; il Sant’Apollinare nella chiesa di Sant’Agostino; la splendida Visitazione di Maria a santa Elisabetta e il Martirio dei santi Giovanni e Paolo, un tempo nel Duomo di Reggio, sono ora rispettivamente al Louvre e alla Pinacoteca di Tolosa.

 

LA MOSTRADal sito delle Scuderie del Quirinale: “La mostra ‘Guercino. L’era Ludovisi a Roma’ ha, già dal titolo, due grandi protagonisti: Giovanni Francesco Barbieri, detto Guercino, e la dinastia Ludovisi guidata da Alessandro Ludovisi, dal 1621 al 1623 Papa Gregorio XV.

Il percorso espositivo si snoda non solo attorno alla figura di Guercino ma approfondisce anche il breve ma intensissimo periodo del papato Ludovisi a Roma. Il giovane Guercino attraversa in quegli anni uno dei periodi più importanti della propria avventura artistica e tutto quello che verrà dopo troverà fondamento in questo passato romano e nell’occasione irripetibile regalata da Papa Gregorio XV.

Il ‘600 romano, uno dei periodi più studiati e approfonditi dagli storici dell’arte di tutto il mondo, è stato sempre legato a complesse vicende dinastiche, come quelle dei Borghese e dei Barberini. I loro furono papati lunghi e celebri, passati alla Storia come vere stagioni dello stile nella Storia dell’Arte. Il brevissimo, e relativamente poco studiato, papato Ludovisi, incastonato fra le due dinastie sopracitate, porta con sé elementi della stagione Borghese e anticipa molti temi di quella Barberini. In quegli anni, il Cardinal Nipote Ludovico Ludovisi costruisce, come prima di lui Scipione Borghese e come farà successivamente Antonio Barberini, Villa simbolo della dinastia – Villa Ludovisi – e una pregiatissima e ricca collezione d’arte antica, moderna (del ‘500) e contemporanea.

I Ludovisi, dinastia dalla fortissima personalità, sono portatori di numerosi elementi di novità artistica: la ricerca e il possesso dell’antico più straordinario, la collezione e il recupero del ‘500 veneto, la frequentazione di una numerosa comunità di artisti che viene riunita a Roma. La mostra, quindi, ha al suo centro Guercino, artista prediletto da Papa Gregorio XV, e sviluppa tutti i propri temi tramite dialoghi tra capolavori e artisti, evocando episodi di rivalità, scambio e influenza reciproca. Nelle nostre sale, oltre Guercino troviamo, tra gli altri, Guido Reni, Domenichino, Lanfranco, Annibale e Ludovico Carracci, Pietro da Cortona, Padovanino, Van Dyck, Poussin, Bernini. Dai confronti in mostra apparirà chiaro come la visione artistica di Guercino, accesa dalla raffinata ricerca del colore, sia diventata il punto di equilibrio perfetto per l’ascesa dei Ludovisi e per l’affermazione del loro potere politico e culturale”.

La pala del Cristo crocifisso, nel periodo di permanenza a Roma, sarà ‘sostituita’ in Ghiara da una efficacie copia fotografica in scala 1:1, realizzata dal fotografo Carlo Vannini.

 

LA BASILICA DELLA GHIARA – La Basilica della Beata Vergine della Ghiara – la Cappella Sistina del Seicento emiliano, secondo la definizione di Federico Zeri – per rilevanza di fede, arte e storia è un capitolo molteplice e unitario di Reggio Emilia.

Sorge in corso Garibaldi, di fronte al Palazzo ducale e fu progettata da Alessandro Balbi, discepolo dell’architetto e urbanista del Rinascimento ferrarese Biagio Rossetti.

Fu costruita senza particolari impulsi ducali, ma ‘a furor di popolo’, con donazioni di famiglie abbienti e delle varie Arti di impresa (della Lana, della Seta, ecc) della città, e con le offerte dei reggiani: si narra che anche dal contado, contadini e operai deponessero lungo la Via Emilia mattoni, pietre, materiali da costruzione che i trasportatori con carri e cavalli, che passavano sistematicamente, portavano poi al grande cantiere.

Al suo interno spicca la grande pala d’altare del Cristo crocifisso, capolavoro del Guercino.

Altre tele e affreschi sono, fra gli altri, di Ludovico Carracci, Alessandro Tiarini, Lionello Spada, Luca Ferrari da Reggio, Carlo Bononi, Tommaso Sandrini, Paolo Emilio Besenzi.

La Ghiara è una chiesa dedicata in qualche modo al genere femminile. Il ciclo di affreschi, che copre tutte le volte, è una narrazione delle donne della Bibbia, dall’Antico Testamento all’Ascensione di Maria.

E’ uno stupefacente scrigno di luce, colori, stucchi dorati: un trionfo di arte e fede, fortemente impresso dalla Controriforma. La basilica è intitolata alla miracolosa Madonna di Reggio, che nel 1592 guarì il sordomuto Marchino. Da qui, una serie di altre guarigioni miracolose e lo sviluppo di un culto mariano, assai vivo anche oggi e che fece di Reggio una Lourdes del Seicento.

E’ attribuita alla Madonna della Ghiara anche la protezione della città dalla grande peste del Seicento, quella narrata dal Manzoni nei Promessi sposi. Al punto che il duca Francesco I d’Este lasciò Modena, la cui popolazione fu decimata dall’epidemia e si rifugiò a Reggio, dove trovò scampo, con la sua corte.