I dati Istat sulla occupazione femminile nella nostra Provincia diffusi in questi giorni non fanno che confermare quanto come sindacato andiamo denunciando da tempo con preoccupazione.

In provincia di Modena gli occupati maschi sono 180 mila pari al 75,6% mentre le donne occupate sono 145 mila pari al 65,1%.

Dal 2022 i posti di lavoro tra gli uomini sono aumentati di circa 1000 unità mentre tra le donne diminuiscono di circa 2000 unità.

A livello nazionale poi nell’anno 2023 siamo diventati l’ultimo paese in Europa per occupazione femminile, soprattutto nella fascia di età tra i 25 e 34 anni, quella più¹ istruita e quella in cui normalmente si progettano la propria vita e la propria carriera.

Oggi in Italia lavora una donna su due, a livello manageriale poi solo il 28% delle posizioni apicali è ricoperto da donne.

Eppure con le donne al lavoro avremmo un aumento del Pil superiore del 12% ma si continua a non voler adottare misure efficaci per consentire alle donne di rimanere o di inserirsi nel mondo del lavoro.

“Un forte squilibrio nella ripartizione degli impegni famigliari tra donne e uomini caratterizza da sempre la cultura italiana ed aiuta a spiegare i dati sopra citati”, dichiara Aurora Ferrari della segreteria confederale della CGIL di Modena.

Se non cambierà il modo di distribuire il lavoro famigliare e di cura sarà molto difficile conseguire l’obiettivo di una maggiore occupazione femminile.

Serve una accelerazione, la politica deve mettere in campo soluzioni non contingenti ma strutturali.

Sono indispensabili, un piano straordinario per l’occupazione a partire dai settori pubblici, investimenti in welfare, misure che aiutino la condivisione del lavoro di cura che oggi ricade ancora in massima parte sulle donne, ad esempio incentivando l’utilizzo dei congedi da parte degli uomini o favorendo l’assunzione di lavoratrici madri.

Serve poi impegnarsi fortemente per il superamento del gap salariale tra uomini e donne perché è chiaro ed evidente che finché il salario delle donne sarà quello più basso sarà sempre quello sacrificabile, non dimenticando mai che la riduzione del occupazione femminile rappresenta una riduzione di ricchezza per l’intero Paese.