Negli ultimi 13 anni il numero di imprese attive in provincia di Reggio Emilia ha visto un -7,8%, arrivando così a fine 2023 a contare 48 mila imprese nel territorio provinciale. È quanto emerge da un’analisi dell’ufficio studi Lapam Confartigianato che ha voluto monitorare l’andamento delle attività nel lungo periodo, prendendo in esame il lasso temporale 2010-2023, alla vigilia della Giornata Mondiale delle micro, piccole e medie imprese, istituita dall’ONU nel 2017 e che si celebra il 27 giugno di ogni anno.
Come si evince dai numeri, delle 48 mila attività complessive, il 36,8% è artigiano: un comparto che registra cali più consistenti di imprese che nel reggiano arriva a toccare il -15,6% nel periodo considerato. Una diminuzione pressoché costante fino al 2020, cui ha seguito un lieve rimbalzo nel 2021 e nel 2022, in parte dovuto al ritardo nella chiusura di alcune attività per via dei sussidi statali, in parte per la mancanza di aggiornamenti amministrativi del Registro Imprese camerale, in cui sono rimaste conteggiate attività non più esistenti.
Nell’ultimo decennio l’economia della provincia di Reggio Emilia non si è fermata. Il mercato dell’occupazione rimane vivace, crescono del 4,9% gli addetti che lavorano nelle imprese del territorio, ma decrescono del 7,1% i lavoratori in micro imprese con meno di 10 addetti. Crescono la dimensione media d’impresa, con attività che tendono a essere sempre più strutturate e pure il valore aggiunto, indicativo della ricchezza prodotta sul territorio, che, nonostante la battuta d’arresto causata dalla pandemia, vede un +22% a Reggio Emilia, con previsioni di crescita anche per i prossimi anni.
Scendendo nel dettaglio dei macrosettori, nel lungo periodo si notano alcune differenze: l’Agricoltura e la Manifattura subiscono una costante emorragia di imprese, mentre le Costruzioni hanno visto un rimbalzo a partire dal 2019. Tra i Servizi, che comprendono più della metà delle imprese, si osserva come il commercio e l’autoriparazione siano in calo, mentre crescono l’alloggio e ristorazione, i servizi alle persone (tra cui istruzione privata, benessere, attività artistiche e sportive…) e i servizi alle imprese (come il trasporto e magazzinaggio, noleggio, consulenza finanziaria, immobiliare…). Anche a livello territoriale si notano velocità differenti: i comuni capoluogo sono gli unici a osservare una crescita della concentrazione e del numero di imprese, mentre si osservano cali a doppia cifra per le aree più interne (Val d’Enza, Pianura Reggiana, Appennino Reggiano, Bassa Reggiana e Terra di Mezzo).
«Questi dati offrono una panoramica ben chiara della situazione imprenditoriale nel nostro territorio – afferma Gilberto Luppi, presidente Lapam Confartigianato – che può tornare molto utile agli organi politici per analizzare che cosa non sta funzionando e come invertire un trend che comincia a essere preoccupante. Dopo la frenata del 2020 imposta da pandemia e lockdown, sono tornate a crescere le iscrizioni in Camera di Commercio di nuove attività imprenditoriali nel 2021-2023. Così non è stato per le cessazioni d’impresa, che anche negli ultimi anni restano al di sotto dei livelli pre pandemia, contrastando il normale ricambio e la fisiologica rigenerazione del tessuto economico. La situazione è da monitorare e da attenzionare, perché la competitività di un’intera comunità passa anche e soprattutto dalle micro, piccole e medie imprese che operano in quell’area: senza una costante innovazione, difficilmente un territorio può pensare a uno sviluppo sostenibile e duraturo nel futuro».