Gli pneumatici sono una delle componenti delle auto maggiormente soggette a usura. Il rotolamento e il contatto diretto con l’asfalto, infatti, sottopongono il battistrada ad uno stress costante, che determina il consumo progressivo dello strato più esterno della gomma. Naturalmente, per ovvi motivi di sicurezza stradale e tutela della circolazione, gli pneumatici non possono essere consumati in eterno, ma esiste un limite raggiunto il quale vanno sostituiti. Per gli autoveicoli, la soglia massima di usura del battistrada è di 1,6 mm; quando la tassellatura presenta uno spessore pari o solo leggermente superiore a tale valore, è bene optare per la sostituzione delle gomme.
Uno pneumatico usurato, infatti, non è in grado di garantire lo stesso standard prestazionale di uno nuovo; in aggiunta, sono previste sanzioni per chi trasgredisce quello che è tutti gli effetti un obbligo di legge. A venire incontro agli automobilisti, anche quelli più pigri, vi è una disponibilità di modelli adatti a tutte le tasche, soprattutto per quanto riguarda le gomme 4 stagioni: scorrendo il catalogo di un rivenditore specializzato come Euroimportpneumatici, ad esempio, è possibile farsi un’idea di massima di tutte le varie opzioni disponibili, così da scegliere quella più adatta alla propria auto.
Ma cosa succede agli pneumatici usurati e sostituiti? La risposta è piuttosto complessa, poiché esistono diversi canali di recupero e riciclo, allo scopo di evitare che le gomme vengano direttamente semplicemente smaltite in discarica e abbiano un impatto ambientale eccessivo. Le gomme possono essere ricostruite (solo una volta, e solo se non sono danneggiate) oppure essere lavorate per recuperare materiale da utilizzare nella produzione di nuovi pneumatici.
A tal riguardo, l’ETRMA (European Tyre and Rubber Manufacturers’ Association) ha recentemente pubblicato i dati relativi al “End of Life Tyres (ELTs) management“, ovvero i processi di gestione degli pneumatici “a fine vita”. Vediamo di seguito cosa è emerso dal report dell’associazione.
I dati ETRMA per il 2021
Nel 2021, secondo l’elaborazione statistica dell’ETRMA, in Europa (EU28) erano più di tre milioni gli pneumatici da smaltire (3.123.353 per la precisione). Di questi, ben 370mila provenienti dall’Italia.
Poco più di 107mila pneumatici, a livello europeo, sono stati recuperati tramite l’edilizia civile, i lavori pubblici o rinterro (backfilling). Oltre la metà (1.601.827 unità) delle gomme da smaltire, invece, è stata destinata al riciclo (per granulazione, nelle fornaci o usati nei porti come barriere lungo le darsene) mentre circa 1 milione e 700mila pneumatici sono stati impegnati per il recupero dell’energia (“Energy recovery“) all’interno delle fornaci per cemento. Nel complesso, emerge come i paesi EU28 abbiano processato in media circa il 97% degli pneumatici a fine vita.
Tra i paesi virtuosi che hanno raggiunto il 100% figurano Austria, Belgio, Danimarca, Malta, Svezia, Olanda, e Romania. Alcuni paesi hanno fatto registrare percentuali perfino superiori come, ad esempio, Cipro (145%), Estonia (121%) e Portogallo (115%); oltre il 100% anche la Francia e la Germania. L’Italia (93%) si colloca al di sopra di paesi come la Finlandia (90%) ma al di sotto della Repubblica Ceca (96%).
La quota italiana di pneumatici a fine vita è divisa tra riciclo (137mila unità) e recupero energia (206mila); in totale, poco meno di 27mila pneumatici non sono stati riciclati o riutilizzati in alcun modo. Pertanto, oltre la metà delle gomme (56%) è stata destinata alla produzione energetica mentre il 37% è stato riutilizzato o processato per recuperare in parte i vari materiali. L’Italia, quindi, è uno dei paesi a fare maggiormente leva sull’Energy recovery, dal momento che poche nazioni presentano percentuali più alte, ovvero la Svezia (60%), la Lettonia (65%), la Francia (59%). Cirpo e Romania, invece, nel 2021 hanno trattato gli pneumatici a fine vita utilizzandoli esclusivamente per la produzione energetica.