Nel 2022 a Reggio Emilia si sono contati complessivamente nell’arco dell’anno 743.979 turisti, il 45,5% in più rispetto al 2021. È quanto fotografa un’analisi dell’ufficio studi Lapam Confartigianato che ha svolto una ricerca sull’afflusso turistico per esaminare il trend del 2023, basandosi su quanto osservato nell’anno precedente.
La provincia reggiana è stata una di quelle che ha subito maggiormente l’impatto della pandemia: rispetto al 2019, nell’intero 2022 si è registrato un -11,9% di afflusso turistico, mentre se consideriamo solo i mesi estivi, ossia da luglio a settembre 2022, le presenze turistiche sul territorio reggiano sono state 223.322, il 19,1% in più rispetto al 2021 ma il 7,6% in meno rispetto al 2019. Nel primo semestre 2023 la provincia di Reggio Emilia si differenzia invece per un certo ritardo nel recupero dei valori pre-crisi (-15,8%), tuttavia attestandosi al di sopra dello stesso periodo del 2022 (+2,5%).
Le aspettative positive per l’estate 2023 trainano la domanda di lavoro: nei tre mesi da luglio a settembre 2023 le imprese reggiane prevedono l’entrata di 13.900 lavoratori di cui oltre la metà, il 56%, in micro e piccole imprese. A livello settoriale si osserva che il 16,5% della domanda di lavoro proviene dai servizi di alloggio e ristorazione e servizi turistici, in crescita del 33,1% rispetto allo stesso periodo del 2022.
Per quanto riguarda i turisti stranieri, a livello regionale nel 2022 crescono soprattutto le presenze estere, che registrano un +77,1% rispetto al 2021, pur rimanendo al di sotto dei livelli del 2019 del 7,9%. La presenza straniera rappresenta il 25,6% del turismo in regione, quota che supera il 17,9% del 2021 e tende al 26,3% del 2019.
La spesa di turisti stranieri in Emilia-Romagna nel 2022 ammonta a 2.109 milioni di euro, +777 milioni di euro rispetto alla spesa registrata nel 2021e inferiore di 104 milioni di euro a quella accertata nel 2019, anno pre crisi pandemica.
Una spesa che può interessare prodotti artigianali e del made in Italy e servizi di varia natura per i quali la qualità fa la differenza, consolidando l’elevata reputazione dell’offerta turistica italiana. Alla fine del primo trimestre 2023 le imprese artigiane di Reggio Emilia operanti in attività che potrebbero essere interessate dalla domanda turistica sono 2.181 e danno lavoro a 6.474 addetti. In chiave settoriale, il comparto principale è l’abbigliamento e calzature che conta 698 imprese e contribuisce al successo nel mondo della moda, tra i comparti più rappresentativi all’estero del made in Italy e dello stile italiano. Seguono le 466 imprese dell’agroalimentare che producono cibo e bevande, prodotti per cui siamo famosi presso i turisti stranieri e la cui qualità permette al nostro Paese di primeggiare per numero di prodotti agroalimentari a denominazione di origine e a indicazione geografica riconosciuti dall’Unione europea. Sono poi 354 i ristoranti e le pizzerie che insieme a 163 bar, caffè e pasticcerie mettono a disposizione dei turisti le eccellenze prodotte dal comparto agroalimentare.
«Il turismo è in ripresa – commenta Federica Marcacci, presidente per la categoria turismo di Lapam Confartigianato – e nel 2023 il trend è positivo. Sicuramente, come avevamo già segnalato nei mesi precedenti a cavallo della Pasqua, la vera emergenza è rappresentata dalla carenza di figure professionali che lavorino in questi mesi estivi. Reggio Emilia, dall’Appennino alla città, richiama turisti italiani e stranieri, ha una grande offerta di prodotti e servizi, ma il rischio è che senza lavoratori si comprometta proprio la qualità dell’offerta stessa. I datori di lavoro sono professionisti seri e corretti e offrono contratti di lavoro adeguati alle necessità del personale Abbiamo bisogno di sensibilizzare i giovani e invogliarli a intraprendere un percorso di crescita che può essere molto gratificante nei settori a oggi più carenti di figure professionali specializzate. Servono però anche incentivi e sgravi fiscali per gli imprenditori. La difficoltà di Reggio nella ripresa del turismo può essere dettata anche da questo motivo. I costi per i gestori sono alti e a fronte di un aumento di presenze rispetto all’anno precedente, registriamo un aumento notevole dei costi in generale, di conseguenza i margini di guadagno diminuiscono. La politica dovrebbe aiutare maggiormente chi ha voglia di investire sul territorio locale».