Le tre recenti sentenze del Tar in materia di autorizzazioni edilizie e Piano operativo comunale (Poc) evidenziano che il Comune di Reggio Emilia aveva adottato, già dal 2013, regole così stringenti sulla riduzione del consumo di suolo, da superare in rigore la legge regionale sovraordinata. Una linea, quella della difesa del suolo dall’espansione edilizia che nel decennio successivo è andata affermandosi e che l’Amministrazione conferma e rilancia ulteriormente come priorità nel Piano urbanistico generale (Pug).
UNA TEMPISTICA CHE FAVORISCE CHIAREZZA – Sul merito tecnico della questione, il Piano operativo comunale, adottato nel 2013, prevedeva una tempistica stringete per la approvazione delle previsioni urbanistiche in esso contenute. In particolare, la delibera di Consiglio comunale e di conseguenza l’atto di accordo sottoscritto fra Comune e privati, davano a questi ultimi al massimo cinque anni di tempo per addivenire alla approvazione della previsione urbanistica, pena l’impossibilità di procedere con l’attuazione dell’intervento edilizio. Tale previsione, più stringente rispetto a quella della Legge Urbanistica regionale che prevedeva il solo deposito della proposta anziché l’approvazione era, come detto, non solo una scelta stabilita dal Consiglio comunale al fine di selezionare gli interventi immediatamente cantierabili, ma anche accettata e condivisa dai privati in sede di sottoscrizione dell’accordo di pianificazione. Essa costituiva, in sostanza, una misura di chiarezza, poiché permetteva di non lasciare ‘sospesi’ per decenni interventi edilizi, condizionando la programmazione urbanistica futura, pur dando al privato un margine congruo di cinque anni per intervenire.
Gran parte delle previsioni di Poc in realtà non hanno poi avuto seguito, alcune sono state approvate dalla giunta comunale, altre sono arrivate al solo deposito senza la successiva approvazione per mancanza, il più delle volte, dei pareri degli Enti competenti.
Quest’ultima casistica è quella a cui ci si riferisce per i tre contenziosi in essere. La giunta comunale, al termine dei cinque anni di validità del Poc, non solo non aveva alcun potere nell’approvare Piani oltre i termini stabiliti dal Consiglio comunale, ma ha anche agito in maniera coerente con la politica urbanistica di drastica riduzione delle previsioni di espansione ereditate dal passato a favore di interventi di rigenerazione urbana.
VERSO IL RICORSO – Sul piano politico-amministrativo, l’Amministrazione comunale prende atto della sentenza del Tar che, pur rigettando ogni richiesta di danno da parte del privato, conferma da un lato la coerenza delle scelte dell’Amministrazione comunale in termini di riduzione del consumo di suolo, dall’altro la difficoltà di metterle costantemente in atto, in un contesto legislativo, quello della vecchia Legge Urbanistica regionale del 2020, che tendeva a tutelare i diritti edificatori anche in assenza di convenzioni urbanistiche.
L’Amministrazione intende ora avvalersi della possibilità di ricorrere al Consiglio di Stato, convinta non solo della bontà delle scelte compiute nel 2013 con la limitazione temporale delle previsioni di Poc, ma soprattutto della necessità di difendere le scelte di riduzione del consumo di suolo effettuate in questi anni e accelerate ulteriormente con l’adozione del Pug, scelte che, nel caso specifico di via Luxemburg escludono la possibilità di realizzare interventi di edilizia residenziale privata, preservando l’area a verde agricolo urbano.
LA LINEA DEL PUG – Il parere del Tar è relativo a previsioni puntuali che risalgono ad oltre 9 anni fa e non modificano le scelte più generali approvate in questi anni in termini di riduzione del consumo di suolo come condizione necessaria per attuare serie politiche di contrasto ai cambiamenti climatici.
Prima con le varianti al Psc e più di recente con l’adozione del Pug sono stati cancellati, in pochi anni, quasi 8 milioni di metri quadrati di aree urbanizzabili pari a 7.200 alloggi, che definiscono le nuove condizioni di partenza per programmare nel futuro gli interventi di rigenerazione della città.
La riduzione del consumo di suolo è una scelta compiuta, dalla quale non è possibile e nemmeno conveniente tornare indietro, per impostare un modello di sviluppo più sostenibile e competitivo, incentrato sulla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente.