Sabato 12 marzo alle ore 11.30, davanti al Monumento del Parco della Resistenza di Scandiano, Anpi e Istoreco ricorderanno il centenario dell’aggressione e uccisione di Alfredo Incerti Rinaldi, socialista di Iano ucciso per mano della violenza fascista nel marzo del 1922. Una violenza programmata che in quegli anni ha colpito in diverse parti della provincia di Reggio, come sta raccontando il progetto di Istoreco “Buco Nero”, un progetto pensato per scavare a fondo nella storia dell’antifascismo, per non dimenticare i suoi primi passi e allo stesso modo approfondire le origini del fascismo per capire meglio il contesto in cui scagliò il suo attacco contro partiti e organizzazioni, uomini, donne e idee.
L’assassinio del socialista Alfredo Incerti Rinaldi si inserisce in una serie di eventi che coinvolgeranno, tra l’altro, anche il sindaco di Scandiano dell’epoca Luigi Ghiacci, e che vanno dalle semplici scaramucce verbali all’aggressione fisica, passando per l’assalto a sezioni socialiste o cooperative di consumo, fino all’assassinio di antifascisti. Domenica 12 marzo 1922 il giovane Alfredo Incerti Rinaldi – 34 anni, socialista di professione sarto e residente a Jano nel borgo del Caslèti (Casellette) – si intrattiene nei pressi della sede della Posta Vecchia, oggi piazzale Feltrino Boiardo, con il consigliere comunale Alberto Spallanzani (la posta è a pochi metri dal Municipio). In quel luogo viene colpito al volto con una bastonata da un fascista. Il gruppo di cui fa parte l’aggressore, identificato con il nome di Domenico Brevini di Casalgrande, era appena uscito dalla vicina chiesa dopo i vespri. Le cronache dell’epoca riportano che Incerti Rinaldi, grondante di sangue e aiutato dai compagni, viene poi portato all’ospedale di Scandiano dove gli viene riscontrato la frattura dell’osso nasale, una ferita grave all’occhio sinistro e altre lesioni all’occhio destro. Incerti Rinaldi verrà dimesso e giudicato guaribile in una decina di giorni dai medici. Le condizioni, però, peggiorano e il 15 marzo Alfredo Incerti Rinaldi morirà per l’aggravarsi di una commozione cerebrale, lasciando la moglie Annita Iori e i due figli Dalba e Leo. Alfredo, inoltre, era fratello di Oreste detto Aristide, gravemente ferito nel febbraio 1915 mentre manifestava davanti al municipio a Scandiano contro l’entrata in guerra e per “pane e lavoro”, morto due mesi dopo lasciando la moglie e quattro figli.
La sera stessa del 15 marzo 1922 un gruppo di fascisti, nel tentativo di assalire la cooperativa di consumo di Ventoso, dà fuoco alla porta di legno e, apertovi un varco, la saccheggia e la devasta.
I funerali di Alfredo Incerti Rinaldi si terranno il 16 marzo nel pomeriggio e avranno un grande seguito, di cui riportiamo il passaggio della cronaca ne “La Giustizia”: “…gli intervenuti sfilarono dinanzi alla salma per rendere l’ultimo saluto alla vittima della violenza altrui. Tutti piangevano. Ma la scena più straziante accadde quando i parenti vennero dolcemente fatti allontanare dal cimitero. Pianti e grida che straziavano l’animo. Il fratello del povero Alfredo si era attaccato alla bara e per allontanarlo fu giocoforza adoperare, da parte degli amici, dolce violenza”. Alfredo Incerti Rinaldi verrà seppellito nel cimitero di Jano di Scandiano, e recentemente i resti sono stati traslati nell’ossario.
L’assassinio di Alfredo Incerti Rinaldi è solo il culmine di un mese di violenza fascista scandianese, “inaugurato” il 5 marzo 1922: il tutto nasce da un litigio in piazza Spallanzani tra i fratelli Ennio e Alfredo Pioppi con alcuni fascisti che vengono invitati a salire a Ventoso “se ne hanno il coraggio”. I fascisti si organizzano per la spedizione punitiva e giunti in centro a Scandiano incontrano il sindaco Luigi Ghiacci insieme a suo figlio adolescente Adriano. Entrambi vengono percossi a bastonate, riuscendo però a ripararsi nella locanda della Posta, dove gli squadristi li inseguono fracassando le vetrate con una legnata destinata al sindaco. Vengono sparati anche diversi colpi di pistola, fino alla ripartenza dei fascisti reggiani per la città. Gli aggrediti riporteranno ferite guaribili in 10 giorni per il primo cittadino e 12 per il figlio intervenuto a difesa del padre. Se durante tutta la giornata del 5 marzo le forze dell’ordine non intervengono per difendere e garantire la sicurezza dei cittadini, e tra questi il Sindaco, due giorni dopo ci pensa la moglie del Sindaco a “vendicare” l’aggressione del marito: il 7 marzo, mentre attinge acqua alla fontana pubblica, la donna riconosce tra gli aggressori del marito e del figlio il fascista Filippo Artioli. La signora, ancora scossa ed esasperata per i recenti fatti, con una bottiglia colpisce in testa l’Artioli che, secondo il quotidiano liberale, cade a terra svenuto e poi riaccompagnato a casa dai compagni.