Ha parlato della sua vita, prima da sportivo, poi da allenatore. Ha raccontato quanto gli piacesse essere considerato una sorta di “rock star” del basket, ma soprattutto quanto si divertisse a giocare sul campo. Divertimento nato in lui fin da quando ha memoria e cioè quando, con il fustino del Dixan, vuoto e appesa all’armadio, si esercitava a fare canestro.
L’incontro di ieri mattina, al cinema Apollo di Albinea, con Gianmarco Pozzecco ha regalato momenti di riflessione intervallati da risate e tanti applausi.
In 200 hanno riempito la sala per assistere all’iniziativa “Albinea è Sport”, organizzata dal Comune con la presentazione del libro “Clamoroso. La mia vita da immarcabile”, edito da Mondadori e scritto dal “Poz” insieme a Filippo Venturi”. L’evento ha concluso il ciclo “Tu sì che vali”.
All’iniziativa hanno partecipato alcuni studenti delle scuole medie di Albinea e le associazioni sportive del territorio. Queste ultime, alla fine dell’incontro, sono state premiate dal sindaco Nico Giberti e dallo stesso Pozzecco, con una copia del volume e un buono spesa da 120 euro da utilizzare per l’acquisto di attrezzature sportive.
Sul palco è stato l’editor di Mondadori Andrea Delmonte a intervistare il cestista, facendo emergere sia aneddoti divertenti che, soprattutto, la visione del valore dello sport secondo un’atleta che ha sempre avuto il basket tatuato nel Dna.
L’importanza di seguire il proprio talento, di rischiare di “volare”, anche se quando si cade dall’alto ci si fa più male, il concedersi la possibilità di sbagliare, anche quando si gioca ad alti livelli. Pozzecco ha affrontato con sincerità tutti questi argomenti e non solo. L’ex pulce atomica ha anche messo in chiaro questioni più spinose: “Se c’è una cosa che davvero non sopporto e che è assolutamente falsa, è quando si dice di me che abbia fatto uso di droga – ha raccontato – La ritengo una bugia agghiacciante, visto che nella mia vita non è mai successo. Ho scritto questo libro anche per ribadire il concetto”.
Poi “Poz” ha messo in guardia della motivazione, che troppo spesso oggi spinge i ragazzi a fare sport e le famiglie a caricarli di responsabilità: diventare “professionisti” e “ricchi”: “Io ho avuto la fortuna di divertirmi giocando ed è stato grazie a questo che poi sono arrivato tra i professionisti. Bisogna capire – ha spiegato – che se ci si diverte, indipendentemente dalla categoria, si ha raggiunto l’obiettivo. Se mi chiedete oggi quale sia la cosa che mi manca di più, non vi rispondo giocare al Forum di Assago, ma giocare e basta, magari nella camera con mio fratello come facevo da bambino”.
Terminata l’attività Pozzecco ha allenato per tre anni la Dinamo Sassari e oggi è il vice allenatore dell’Armani Jeans. E anche sul suo ruolo attuale ha le idee chiare: “Ho cercato di ventare l’allenatore che avrei voluto mi allenasse quando giocavo – ha spiegato – Di solito i coach sono troppo autoritari e presenti nella vita dei giocatori. Diventano come genitori possessivi e questo non giova a un ragazzo che, una volta imparati alcuni limiti che deve rispettare, ha bisogno di decidere da solo, visto che in campo c’è lui – ha proseguito il Poz – Ad esempio credo sia assurdo non festeggiare una partita vinta la sera della vittoria. Credo anche si possano bere due birre in un locale quella sera, senza esagerare. Ma il giorno prima della partita a letto presto. Io facevo così”.
“Condivisione” è il concetto a cui “Poz” fa riferimento quando parla di allenatore e giocatori: “Ho sempre cercato di convincere i miei ragazzi a fidarsi di loro stessi e dei loro mezzi, anche usandomi come esempio in negativo – ha confessato ridendo – Vivevo da rock star perché mi è sempre piaciuto essere al centro dell’attenzione. Oggi sono completamente cambiato e mi adopero perché i ragazzi arrivino a realizzare i loro sogni divertendosi”, ha concluso.
Al temine della presentazione l’ospite si è concesso al pubblico firmando le copie del suo libro e scattando foto con i fans.