L’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, con la Neonatologia diretta dal prof. Alberto Berardi, partecipa alla Giornata Mondiale della prematurità ideata da EFCNI (European Foundation for the Care of Newborn Infants) per aumentare la consapevolezza e la conoscenza della prematurità. Come nelle precedenti edizioni, la Neonatologia del Policlinico di Modena si è colorata di tante calzine viola che ricordano la giornata. Quest’anno, però, alle tradizionali calzine si sono aggiunti il palloncino e le farfalle. Le farfalle sono dedicate ai prematuri che non ce l’hanno fatta in questa vita ma che rimangono nel cuore di tutti. I palloncini viola sono simbolo di leggerezza, libertà e gioia, un inno alla vita!
“Nel mondo – spiega il prof. Alberto Berardi – un neonato su dieci nasce prematuro. Nel nostro Paese sono circa 30000 i neonati che nascono prematuri. A questi numeri, di per sé importanti dobbiamo dare un’ulteriore lettura. Dietro questi 30.000 neonati ci sono 30000 famiglie, 30000 coppie di genitori che vivono l’esperienza di una nascita prematura”. Il rapporto con le famiglie è quindi al centro della Giornata della Prematurità che, continua il prof. Berardi: “è stata istituita per aumentare l’attenzione di tutti nei confronti della nascita pre-termine e delle sfide che questa comporta. La Neonatologia, di cui fa parte, la Terapia Intensiva Neonatale deve accompagnare i genitori in questo percorso, lungo difficile, andando incontro alle loro esigenze. In Emilia-Romagna il 7% delle nascite è prematuro. Al Policlinico nascono circa 3.000 bambini, di cui circa il 7 – 10% sono prematuri. A cui vanno aggiunti quelli che nascono negli ospedali della provincia. Una parte di questi neonati prematuri richiede cure speciali, in alcuni casi il ricovero in Terapia Intensiva. Quindi ogni anno seguiamo molti piccoli prematuri, altri con una prematurità più blanda che possiamo dimettere dopo pochi. A tutte le famiglie mi sento di dire che la medicina ha fatto passi da giganti, e oggi possiamo affrontare casi che solo pochi anni fa non avevano speranze. La nostra equipe medica e infermieristica ha acquisito una grande competenza e ha un entusiasmo che credo sia un grande aiuto per le famiglie dei nostri pazienti”
La Neonatologia del Policlinico comprende la Terapia Intensiva Neonatale (la TIN al VII piano), che ricovera i neonati più difficili, e della Patologia Neonatale (VI piano) che accoglie i neonati, pur avendo alcune problematiche, non necessitano del ricovero in TIN. Il policlinico nel 2013 è stato il primo centro italiano certificato NIDCAP (Newborn Individualized Developmental Care and Assessment Program) che ha l’obiettivo di ridurre al minimo le esperienze stressanti e la separazione dai genitori e di sostenere lo sviluppo attraverso un’assistenza individualizzata in base ai punti di forza e ai bisogni di ogni singolo neonato e delle rispettive famiglie.
“Nessuno conosce la prematurità fino a quando non la si vive di persona – ha aggiunto Giovanna Cuomo, Coordinatrice infermieristica della Neonatologia – per questo motivo abbiamo scelto quest’anno di far parlare i genitori e i nostri operatori. La loro esperienza è il modo migliore, a nostro avviso, di far conoscere la prematurità. Un abbraccio a tutti i nostri piccoli pazienti ei loro genitori. L’augurio è che i prematuri e le loro famiglie possano spiccare presto il volo verso la vita”. Tutti i neonati ricoverati al Policlinico, ricevono un pensierino realizzato a maglia dalle volontarie di Mani di Mamma che, insieme all’Associazione Pollicino sostiene la Neonatologia modenese.
Gli operatori raccontano e si raccontano
“La Terapia Intensiva Neonatale – racconta Anna Cinzia Cosimo, infermiera della terapia Intensiva Neonatale certificata NIDCAP – è un mondo di relazioni. Qui il neonato viene protetto da un mondo esterno al quale non è ancora adatto. E allora le mani degli operatori che contengono e supportano i loro movimenti non sono solo un gesto di affetto, ma anche una pratica clinica neuroprotettiva: le carezze come nutrimento servono a ridurre lo stress e gli stimoli al cervello del prematuro che non è ancora pronto a essere esposto al mondo esterno. Quando ricoveriamo un prematuro, ricoveriamo tutta la famiglia che va accolta, sostenuta e incoraggiata. Siamo essere umani e sperimentiamo una vera altalena di stati d’animo. C’è il senso di onnipotenza quando un gesto o un’intuizione modifica un quadro clinico che sembrava drammatico; al contrario, possiamo sperimentare il senso di impotenza quando il percorso si complica all’improvviso; c’è la tristezza, quando purtroppo il piccolo non ce la fa. Infine, c’è la gioia quando lo trasferiamo dall’incubatrice al corpo dei genitori, per ricostruire la relazione e togliere il senso di vuoto dovuto al distacco. Abbiamo le nostre paure che non possono trapelare, per non intaccare la fiducia che i genitori hanno in noi. È un lavoro difficile, quindi, nel quale occorre investire tanta energia. Ci ripaga il privilegio di curare le piccole vite che ci sono affidate e aiutare le loro famiglie. Quando inseriamo le mani nell’incubatrice, il neonato ci parla, noi dobbiamo essere in grado di comprenderlo e a facilitare la relazione con i genitori. Oggi vogliamo provare a raccontare quanto amore ci può essere in un ambente fortemente specializzato e medicalizzato come una neonatologia e una Terapia Intensiva Neonatale”.
“Accogliamo svariate tipologie di neonati – conclude Margherita Sellito, infermiera della Neonatologia – che hanno problemi ma non necessitano di ricovero in Terapia Intensiva Neonatale; ci occupiamo anche dei neonati che sono stati dimessi dalla Terapia Intensiva e li accompagniamo nel percorso clinico che li porterà alla dimissione. Ci prendiamo cura del neonato e del suo nucleo famigliare. Ai genitori dobbiamo far capire che il percorso sarà lungo e potrà avere delle battute d’arresto. Infine, dobbiamo renderli autonomi nella gestione del figlio. È un lavoro bellissimo, che prevede una certa dose di empatia e solarità nei rapporti con i genitori. Noi lavoriamo sul neonato ma ci relazioniamo con i famigliari. L’augurio è che i nostri pazienti possano spiccare il volo verso la vita nel modo migliore”.
I genitori raccontano e si raccontano
La testimonianza di Carola, mamma di Elena, nata di 34 settimane.