Occhi rossi, lacrime di gioia, sorrisi increduli. Soprattutto mani che si cercano, si toccano e si abbracciano. Sono giorni indimenticabili alla struttura per anziani di Modena Vignolese, dove da lunedì 22 febbraio sono riprese le visite dei familiari.
A ormai un anno di distanza dalla perduta normalità a causa della pandemia, dopo mesi di videochiamate (l’estate scorsa erano riprese anche le visite in presenza all’aperto, ma senza toccarsi) è finalmente il momento del contatto.
Completato il piano vaccinale che ha coinvolti ospiti e operatori, da alcuni giorni, infatti, gli anziani possono finalmente riabbracciare i propri cari attraverso la “Stanza degli abbracci” che alla Cra Vignolese, struttura gestita dal Comune di Modena, è stata declinata in grandi fori nella parete di plexiglass della veranda sotto il portico. Dentro ai fori, guanti lunghi, elastici, ma sottilissimi per permettere la “magia” del contatto tra l’anziano all’interno e il familiare dall’altra parte della vetrata, spiega Erica Caselli la coordinatrice della struttura.
Due le postazioni realizzate, una più bassa per consentire agli anziani di rimanere seduti, l’altra più alta per quelli che preferiscono accogliere in piedi i loro cari, come Lena che, nonostante i quasi 90 anni, dritta sulle gambe ha infilato le braccia nei lunghi guanti per stringere la nipote Paola. “Lei è la mia famiglia, rivederla e toccarla è stata una cosa impressionante e meravigliosa che non avrei mai immaginato e spero di rivederla ancora così; non appena ho sentito, toccato, stretto le sue mani con le mie, mi sono commossa e sono scese le lacrime. Mia nipote dall’emozione piangeva ed io con gli occhi rossi e gonfi cercavo di consolarla e le chiedevo perché piangi, mentre continuavamo a stringerci le mani”. Lena, raccontando, dice anche di essere “curiosa, contenta e meravigliata che il progresso si sia occupato di trovare queste soluzioni alternative, ma valide per la situazione che stiamo affrontando”.
Antonietta, “piccola donna, sorda, ricurva che il Covid ha rallentato nella parola e nel cammino, si è lasciata scaldare le mani dal nipote Marco e dalla figlia Rosanna ha ascoltato le novità sulle pronipoti; ha studiato a lungo i familiari che non vedeva da tanto tempo, prima di trovare la forza per allungarsi verso di loro cercando il contatto. Li ha infine salutati e baciati con la mano ripetutamente; i suoi occhietti si sono aperti ed illuminati ed anche la parola ha lasciato spazio ad un ‘mi dispiace’ nel momento dei saluti”, racconta Monica Berselli, l’animatrice della Vignolese, che ha cercato di raccontare l’emozione di quei momenti anche attraverso l’obiettivo della macchina fotografica con cui documenta la quotidianità della vita nella casa.
Diverse le operatrici presenti agli incontri, coinvolte dagli stessi familiari in questo commovente ritrovarsi. Dopo ogni visita disinfettano la vetrata interna ed esterna e sostituiscono i guanti monouso pronti ad accogliere un altro abbraccio.
“È stato bello rivedere così la figlia Paola” anche per Rosanna che però precisa: “Non ero particolarmente emozionata perché qua (e indica la mente) lei c’è sempre stata e oggi l’ho solo ritrovata”. E ammette: “Sono molto riservata e il momento dell’incontro non l’ho vissuto con enfasi, ma mi è piaciuto e l’ho raccontato subito all’amica di casa (la sua compagna di stanza). Sono abituata a vivere le cose con tranquillità, perché la mia mamma quando ero bambina e succedeva qualche cosa di nuovo, bello o brutto, ci raccoglieva intorno a lei e ce lo spiegava, come la morte improvvisa del mio papà”.
Ogni visita dura circa mezz’ora: trenta minuti in cui più di un parente, e anche tutta la famiglia, può incontrare il proprio anziano, visto che il distanziamento è garantito.
Antonia ha così potuto vedere insieme entrambe le figlie Caterina e Maria Franca che, con un manicotto ciascuna, l’hanno a lungo accarezzata: tutte e tre si sono così ritrovate vicine. Per Antonia è stato un gran giorno: è uscita dalla sua camera e ha visto il giardino illuminato dal sole, ma soprattutto dopo mesi ha rivisto di persona le figlie, le ha toccate e con loro ha scambiato qualche parola e nella lingua madre, l’albanese. Fino a pochi anni fa Antonia era una signora autonoma, curava il suo orto e le galline, poi l’infermità, la Casa residenza e il Covid, che a 89 anni suonati non le ha comunque impedito di tranquillizzare le figlie con un “passa, passa”.