Smart Working promosso dai dipendenti della Città metropolitana di Bologna (l’88% valuta positivamente l’esperienza) soprattutto perché riduce i tempi di spostamento casa-lavoro, permette di acquisire maggiore autonomia nel lavoro e aumenta la dematerializzazione. Questo nonostante le difficoltà riscontrate nel mantenere relazioni sociali con i colleghi, la sensazione di isolamento lavorativo, l’aumento dei carichi di lavoro e qualche problema con le dotazioni strumentali. E anche per il futuro la maggioranza dei dipendenti metropolitani vorrebbe continuare a lavorare in smart working anche se preferirebbe farlo in modalità integrata con rientri in ufficio.
Sono alcune delle indicazioni uscite dall’indagine del Servizio Studi di Palazzo Malvezzi che ha coinvolto 306 dipendenti della Città metropolitana di Bologna (pari al 93,6% dei 327 che in questi mesi hanno svolto lo Smart Working Straordinario) volta a rilevare gli aspetti organizzativi, le valutazioni, il gradimento, le aspettative e gli orientamenti futuri, al fine di scoprire cosa ha funzionato e cosa no e individuare su quali fattori puntare e investire per fare in modo che questa modalità di lavoro possa essere utilizzata in maniera ottimale e ordinaria.
L’indagine, nei prossimi mesi, sarà estesa ai Comuni e Unioni della città metropolitana.
Organizzazione del lavoro in SWS
Per quanto riguarda ridefinizione degli spazi e dei tempi di lavoro, il 31% ha dovuto conciliare le esigenze dei coinquilini, condividendo l’ambiente di lavoro con alcuni di loro. Inoltre la maggioranza (72%) continua a seguire un orario di lavoro “da cartellino”, ma il 63% svolge un numero di ore maggiore del previsto. Una delle problematiche dello SWS è stata la dotazione tecnologica fornita dall’Ente, l’80% dei rispondenti ha dovuto supplire in toto o parzialmente con strumenti di proprietà personale, comunque adeguati all’attività svolta. Di contro, le forme di assistenza informatica messe a disposizione dall’Amministrazione sono state molto utilizzate e considerate rilevanti per riuscire a lavorare in remoto. Anche gli strumenti collaborativi, sia classici che innovativi, sono risultati fondamentali per la corretta applicazione di questa modalità organizzativa: hanno riscosso un grande successo, con un utilizzo generalizzato e frequente.
La risposta in termini di managment alla straordinarietà del modello organizzativo ha dato risultati positivi, grazie anche alla conoscenza pregressa degli obiettivi della performance da parte degli smart worker (88%). La pianificazione dell’attività è stata costante e assidua: l’87% ha ricevuto/concordato un piano di lavoro o indicazioni sull’attività da svolgere dal proprio responsabile, con una frequenza elevata e sistematica sia dell’aggiornamento del piano che della rendicontazione al responsabile. Il 73% sottolinea un aumento consistente del livello di dematerializzazione.
Tra i fabbisogni formativi evidenziati, ai primi posti si collocano le richieste di miglioramento delle competenze digitali e in particolare l’uso degli strumenti collaborativi.
Gli aspetti e le valutazioni del lavoro in SWS: un bilancio
Nonostante l’introduzione della nuova modalità di lavoro sia avvenuta in tempi così rapidi, il bilancio dell’esperienza in smart working straordinario è indubbiamente positivo: l’88% dei dipendenti della Città metropolitana di Bologna valuta positivamente l’esperienza, che, inoltre, potrà rivelarsi preziosa una volta tornati alla normalità per oltre il 92% dei rispondenti. Tra gli aspetti positivi, al primo posto, con il 70% delle preferenze, c’è la riduzione dei tempi di spostamento per raggiungere il luogo di lavoro, poi l’acquisizione di una maggiore autonomia nel lavoro al 40%, l’aumento della dematerializzazione con il 39%, la possibilità di lavorare in un clima di maggior fiducia e responsabilizzazione ed il confronto con modalità innovative del lavoro entrambe con il 37% delle opzioni.
Per buona parte dei dipendenti i rapporti di lavoro con colleghi e superiori sono rimasti invariati (60% e 75% rispettivamente), delineando un rapporto pressoché stabile tra peggioramenti e miglioramenti.
Lavorare da casa non ha significato interrompere o modificare il proprio lavoro: il 71% di chi lo ha fatto in questo periodo è riuscito a svolgere tutte le attività in remoto a cui si aggiunge un 27% che non è riuscito a svolgerla pienamente.
Migliorano le capacità gestionali del lavoro: per il 45% dei dipendenti la produttività lavorativa è migliorata e per un altro 41% è rimasta analoga, così come migliorano autonomia e progettualità (56%) e capacità innovativa (47%).
Gli aspetti più problematici sono quelli relazionali legati alla difficoltà a mantenere delle relazioni sociali con i colleghi (39%); a seguire l’utilizzo della personale dotazione strumentale (33%), la sensazione di isolamento lavorativo (29%) e l’aumento dei carichi di lavoro (29%).
Lo sguardo al futuro
L’86% dei dipendenti metropolitani vorrebbe continuare a lavorare in smart working se gli venisse offerta la possibilità una volta tornati alla normalità. In leggera prevalenza (44%) coloro orientati ad una modalità integrata con dei rientri in ufficio organizzati, rispetto a chi continuerebbe con il lavoro da casa full time (42%). Sulla base di questo periodo di sperimentazione “forzata”, i suggerimenti dei dipendenti della Città metropolitana di Bologna per uno smart working ottimale a regime sono di una adeguata dotazione tecnologica fornita dall’Ente (43%), riorganizzare le attività ripensando i processi di lavoro (35%%), definire puntualmente obiettivi e risultati individuali (27%%) e fare formazione specifica sull’uso delle tecnologie e degli strumenti di comunicazione (25%).
Rispetto alle modalità di spostamento casa-lavoro, solamente il 15% è orientato a cambiare il mezzo di spostamento in futuro; di questi il 58,7% afferma che si sposterà a piedi (13%) o utilizzerà la bici (45,7%).