Il sindaco di Fiorano Modenese Francesco Tosi ha risposto alla lettera inviata da mons. Erio Castellucci ai sindaci della diocesi
“Ho letto la lettera che ha inviato a noi, Sindaci delle Sue diocesi. La ringrazio per l’attestazione di stima e per il riconoscimento della grave responsabilità che soprattutto in questo momento portiamo. Ancor di più, però, La ringrazio per l’equilibrio che già Le riconoscevo e che permea dalla prima all’ultima riga il Suo discorrere; La ringrazio per l’intelligenza a cui tutta la lettera si ispira e per la capacità di fondere, in modo garbato e fermo insieme, pur nella dovuta legittima distinzione, la laicità della politica con la genuina essenzialità della fede, la razionalità con il credere. Ancora, voglio indicare il carattere educato delle Sue parole insieme al nitido livello culturale che, pur nella semplicità delle espressioni, è ciò che le sostiene”.
“Lo dico in tutta chiarezza: non è facile leggere oggi lettere di simili tenore ed equilibrio e – mi perdoni la violenza al Suo senso di umiltà – è per me un piacere ed un dovere riconoscere, specialmente oggi, la sopravvivenza di queste capacità e doti sicuramente non comuni”.
“Ho riletto la lettera e la seconda volta ho colto in modo più chiaro la profondità del Suo pensiero e delle Sue parole. Mi lasci sottolineare infine la qualità del senso pratico che permea il Suo discorso, da persona esperta di umanità, che sa coniugare la realtà pratica con il pensiero, addirittura quando questo si apre ad elementi di trascendenza”.
“Condivido in tutto le Sue parole, don Erio, e devo dire che questa totalità di condivisione mi capita di rado”.
“Il punto fondante dei comportamenti e delle scelte in questo terribile periodo di pandemia è certamente “il dovere di custodire la salute soprattutto dei più deboli” e ciò “richiede un’attenzione primaria rispetto a qualsiasi diritto”. Questo principio ovviamente non perde la propria assoluta validità con l’avvento della cosiddetta fase due e nemmeno fase tre. Nell’ultimo mese ho partecipato alle sepolturE svoltesi senza il rito funebre e alla esclusiva presenza di tre famigliari e a volte neppure questi, in quanto si trovavano in quarantena. Io ero lì a rappresentare l’intera comunità con la fascia tricolore della mia funzione istituzionale. In quei momenti ho avvertito e avverto tutto il peso di un dolore di comunità che interrogava la mia responsabilità di autorità pubblica; toccavo con mano il dolore profondo di una condizione contro natura, tanto imprevista quanto inesorabilmente subita con la rassegnazione di chi sperimentava, come forse mai nella vita, l’impotenza dei mezzi umani che prima pur facevano la differenza tra le persone. Mai come in quei momenti vedevo l’inadeguatezza della frase “ho fatto quel potevo”. Si imponeva anzi l’impossibilità di pronunciarla in quanto prendeva il sopravvento la ricerca, mai conclusa, di ciò che di diverso avrei potuto o dovuto fare”.
“Dico questo in quanto assisto in alcuni al rischio di dimenticare troppo facilmente quello che è stato e che in ogni istante può ritornare. Comprendo dunque, umanamente, la forse eccessiva prudenza di chi ha sulle spalle il peso della responsabilità di determinare i comportamenti degli altri. Per questo rifuggo da semplicistiche valutazioni e irresponsabili polemiche che anche da alti pulpiti politici, purtroppo, vengono troppo spesso diffuse. Come Lei ben dice: “è per tutti il tempo dell’ascolto e della prossimità”.
“Proprio ieri, ad esempio, ho comunicato direttamente al presidente della Regione la voce di cittadini che chiedono di poter fare una breve visita al cimitero, supportata dalla mia convinzione che ora esistono le condizioni per farlo in sicurezza e, forse, più in sicurezza che in altri campi già autorizzati. Per motivi legati alla mia condizione privata, da quasi due anni frequentavo il cimitero alcune volte alla settimana: eppure, come sindaco, sono stato tra coloro che hanno anticipato il governo nell’ordinare la chiusura oltre che dei parchi anche dei cimiteri, in quanto questo era allora, lo credo ancora, una esigenza per il bene comune”.
“Ora tuttavia le condizioni sono cambiate e ritengo che rispetto all’analisi delle diverse situazioni (che pur deve essere rigorosa) oggi è prioritaria l’assunzione da parte di tutti e di ciascuno della ferrea responsabilità di comportamenti dettati dalla salute pubblica: cose, di per sé, semplici ma di non facile applicazione: il rispetto della distanza interpersonale e il non portarsi le mani al volto prima di averle rigorosamente lavate. Col rispetto di queste norme comportamentali molte delle cose ancora interdette diventano possibili”.
“Sono d’accordo anche quando afferma che “non era impossibile attivare gli insegnanti di sostegno e permettere con maggiore fluidità l’incontro dei familiari lontani con i loro congiunti”. Quanto al primo punto io e i miei collaboratori abbiamo fatto di tutto all’inizio per consentire agli educatori dei nostri ragazzi certificati delle scuole di svolgere una appropriata attività a domicilio, ma abbiamo trovato un muro invalicabile eretto da chi antepone la burocrazia alla sostanza; tra costoro ho trovato, con delusione, anche chi auspicavo di avere come alleato. Non ci siamo tuttavia ancora dati per vinti”.
“Nel mio Comune, come credo in tutti, la collaborazione con la comunità cristiana, soprattutto attraverso le Caritas, è importante ed efficace, con un lavoro coordinato e condiviso e di questo ringrazio anche a nome dei diretti beneficiari di questa azione. La collaborazione poi non deve fermarsi e non si ferma sul piano, sia pure fondamentale e insostituibile, degli aiuti materiali e della sensibilità sociale, ma va anche rivolta ad un attento lavoro di costruzione della comunità civile e di crescita della civica personale responsabilità: ciò è possibile e doveroso da entrambi le parti proprio perché, come Ella scrive, “i principi di precauzione, di responsabilità e di solidarietà” sono “conformi al Vangelo e all’ordinamento costituzionale”.
“Accolgo volentieri il garbato invito rivolto a noi sindaci, che mi piace qui richiamare: “ Non chiediamo quindi a Voi Sindaci null’altro che di appoggiare questa graduale ripresa nella fase due, custodendo- come già fate e ve ne sono grato- la particolare natura della comunità cristiana, perché possa continuare ad essere uno dei soggetti che concorrono all’edificazione del bene comune, un soggetto sociale che vive di una dinamica interiore propria e specifica”, che – aggiungo io – va alimentata”.