Sarà l’Università di Bologna a testare le mascherine destinate al personale sanitario dell’Emilia-Romagna, per velocizzare, favorire e migliorare la diffusione dei dispositivi protettivi, ora soprattutto che numerose aziende della nostra regione si offrono di produrle. Studiosi e ricercatori dell’Alma Mater sono infatti al lavoro per rendere operativi già da domani due nuovi laboratori per effettuare i test di sicurezza necessari e la realizzazione di nuovi materiali nanostrutturati pensati per la produzione di mascherine ad alte prestazioni.
“La nostra grande comunità di ricercatori e professori non si ferma davanti all’emergenza, e anzi moltiplica gli sforzi per poter dare il proprio contributo”, commenta il rettore Francesco Ubertini. “Quello della carenza di mascherine per il personale sanitario è un problema per cui servono risposte urgenti: i nostri ricercatori hanno raccolto la sfida, unendo competenze diverse e interagendo con il tessuto industriale, fino ad arrivare in tempi rapidi ad offrire soluzioni innovative e concrete”.
“Poter contare su un sistema universitario e di ricerca come quello dell’Emilia-Romagna è motivo di orgoglio, perché ci consente di affrontare l’emergenza cercando di dare risposte che devono essere le più veloci possibili”, sottolinea il presidente della Regione, Stefano Bonaccini. “Proteggere i medici, gli infermieri e tutto il personale sanitario, le professioni mediche e sanitarie, lavoratori e lavoratrici e le persone in genere è per noi fondamentale. Riuscire a trovare soluzioni innovative, anche di materiali, per mascherine che possano essere prodotte da aziende italiane e del nostro territorio è in questo momento fondamentale e strategico per l’Emilia-Romagna”.
Per poter essere utilizzare in sicurezza dagli operatori sanitari, le mascherine devono rispettare alcuni standard di qualità, che ne garantiscano la capacità di filtrazione batterica e le caratteristiche di respirabilità.
Con l’obiettivo di accelerare questo processo di controllo, un gruppo multidisciplinare di ricercatori guidato dal professor Francesco Saverio Violante e dalla professoressa Cristiana Boi, ha allestito in soli tre giorni nuovi laboratori in grado di realizzare complessi test di sicurezza sulle mascherine.
Riconvertendo strumentazioni già in uso per altri scopi ed integrandole con nuovi elementi, in parte realizzati grazie a stampanti 3D, gli studiosi dell’Alma Mater – esperti di ingegneria chimica, di medicina del lavoro e di microbiologia – hanno realizzato due impianti da dedicare al controllo delle mascherine: uno per testarne la respirabilità (breathability) e uno per verificare l’indice di filtrazione batterica (bioburden).
I laboratori si trovano a Bologna, alla sede del Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali (DICAM) in via Terracini e al Policlinico di Sant’Orsola, nell’area Pelagio Palagi. A meno di imprevisti, i laboratori saranno operativi già da domani, 19 marzo. E saranno a disposizione di tutte le aziende produttrici di mascherine, per garantirne la diffusione in tempi rapidi al personale sanitario.
Allo stesso tempo, un altro gruppo interdisciplinare di docenti e giovani ricercatori dei dipartimenti Unibo di Ingegneria Industriale (DIN), di Chimica “Giacomo Ciamician” e di Ingegneria dell’Energia Elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi” (DEI) è al lavoro per ideare nuove mascherine ad elevate prestazioni.
Con questo obiettivo, in collaborazione con la ditta GVS di Zola Predosa, gli studiosi stanno approntando una produzione pilota di materiali nanostrutturati. Un’attività realizzata grazie alla sinergia di competenze trasversali che coprono la chimica dei polimeri, l’ingegneria meccanica, l’ingegneria elettrica e l’ingegneria chimica.
L’attività del gruppo di ricerca si avvale di un laboratorio recentemente ampliato e destinato alla produzione pilota di materiali nanostrutturati. La GVS, uno dei leader mondiali nella produzione di filtri e materiali filtranti, partecipa attivamente al progetto condividendo il proprio know how sui dispositivi di protezione individuali, le proprie capacità produttive e il suo network di fornitori per il reperimento delle materie prime.