Con “Il cappelletto va a scuola, e fa scuola” 22 alunne e alunni tra i 6 e i 10 anni di Reggio Emilia hanno ripreso in mano una storica tradizione, il cappelletto, e ne sono diventati esperti. Il progetto è nato nel febbraio 2019 da scuola primaria “Giovanni Zibordi” dell’Istituto comprensivo Leonardo da Vinci di Reggio Emilia, Associazione del Cappelletto Reggiano e Pause – Atelier dei sapori, società in house della Fondazione Reggio Children – Centro internazionale Loris Malaguzzi. Dopo 60 ore di lavoro durante l’anno, l’utima giornata si è svolta oggi a Pause, al Centro Internazionale, coinvolgendo le famiglie, genitori, fratelli e anche nonni, tutor, atelieristi e scuola. Tutti a fare i cappelletti insieme, come una volta, ma guidati dai bambini, per poi gustarli in brodo.
Il progetto è stato portato avanti dall’insegnante Milena Mara Anastasia, come tutor, dalla presidente dell’Associazione del cappelletto reggiano Fulvia Salvarani, anima del Caffè Arti e Mestieri, e da Paola Cavazzoni, amministratore delegato di Pause – Atelier Dei Sapori, consulente esperta. E’ stato inquadrato dalla scuola Zibordi nelle attività pomeridiane del progetto ‘L’uomo, l’anima del mondo’, attivato nell’ambito del Pon-Programma operativo nazionale del Miur-Ministero Istruzione, coinvolgendo alunni dalla prima alla quarta classe.
“Un importante progetto interdisciplinare che ha avuto il merito di avvicinare bambine e bambini alla conoscenza della nostra storia e identità del territorio attraverso il gusto e il cibo. –commenta l’assessora a Educazione e Conoscenza Raffaella Curioni – Un circuito virtuoso tra generazioni, culture ed esperienze diverse che ha avuto come soggetto un grande protagonista delle nostre tavole. Grazie alla scuola Zibordi, ai giovani esperti di cappelletto reggiano, alle famiglie perché so che condivideranno, e non solo a tavola, l’esperienza. All’Associazione Cappelletto Reggiano e a Pause il mio ringraziamento per aver creduto e sostenuto il progetto”.
Tra i presenti oggi la presidente della Fondazione Reggio Children, Carla Rinaldi e la dirigente scolastica dell’Ic Leonardo Da Vinci, Lorena Mussini, ma tanti sono stati i protagonisti di questo percorso reggiano.
Il percorso è stato interdisciplinare e intergenerazionale, coinvolgendo storici, rezdore, ristoratori, atelieristi, chef e cuochi, architetti e designer. Diversi i luoghi di attività, a scuola, a Pause – Centro Internazionale Malaguzzi, nei ristoranti. Facendo i cappelletti, i bambini hanno imparato molte cose, tra cibo, tradizioni e storia del territorio, educazione alimentare, identità e gusto di una comunità, attraversando vari linguaggi e varie forme di apprendimento. Hanno esercitato una nuova e antica manualità attorno al cibo, la sfoglia, il ripieno, imparando a impastare e a chiudere i cappelletti, facendosi artigiani del gusto. Hanno praticato le arti della narrazione, della stampa 3d, della fotografia analogica e digitale.
“Uno degli strumenti di conoscenza e di integrazione culturale è il cibo – spiega l’insegnante e tutor del progetto, Milena Mara Anastasia – Dare valore al cibo rappresenta un’occasione di incontro e di relazione, di condivisione e di apprendimento. Consente di raccontare la storia del territorio, dei suoi beni culturali, di scoprire ritualità e gesti che trasformano la materia in esperienza. Dare valore al cibo significa anche compiere scelte individuali e collettive sempre più responsabili riguardo lo spreco alimentare e il diritto all’alimentazione”.
Fulvia Salvarani, presidente dell’Associazione del Cappelletto Reggiano, parla di “un autentico prestito di saperi, una generazione di nuove conoscenze, che ha visto protagonisti bambini e adulti insieme. Questi bambini ora conoscono, molto più di tanti adulti, questa tradizione e un po’ di storia di Reggio. Per me è stato importante che ci sia stata questa consegna di una manualità antica che riguarda la preparazione del cibo, manualità che si ripete sempre meno. La città di Reggio Emilia potrebbe diventare una città pilota nella salvaguardia di manualità culinarie e gastronomiche che rischiano di andare perdute”.
Per Paola Cavazzoni, ad di Pause: “I bambini sono interessati a conoscere, i segni, le storie, l’origine dei sapori che tratteggiano la cultura dei luoghi che abitano e che vivono. Ne sono curiosi e insieme abili interpreti, capaci di rigenerare il senso di antiche tradizioni e gesti quotidiani aggiungendo nuovi ingredienti che i sapori sanno suggerire e gli immaginari sanno disegnare. Il cappelletto e il profumo del brodo creano sensazioni famigliari di festa, di gioia dello stare insieme a tavola e sono stati in grado di mettere in relazione più culture”.
La ricetta sostenibile e democratica del cappelletto ora ha ambasciatori nel futuro e questa esplorazione nel gusto, nella storia e nelle tradizioni potrà essere riproposta ad altre scuole e altri pubblici, continuando il passaggio di consegne.