Si trasmette di seguito un intervento di Emilio Sabattini, presidente della Provincia di Modena e co-presidente della Conferenza territoriale sociale e sanitaria, sulla vicenda del reparto di Cardiologia del Policlinico.
«Partiamo da una certezza: il Policlinico è stato ed è un ospedale di eccellenza, un patrimonio di professionalità a disposizione non solo della nostra provincia ma dell’intera regione.
Detto questo, la vicenda giudiziaria che riguarda la Cardiologia, e soprattutto alcuni capi di imputazione a carico di diversi medici del reparto, non solo lascia profondamente indignati e increduli, ma pone anche, al di là di qualsiasi polemica, alcuni interrogativi.
Come è ampiamente noto, questa vicenda è emersa perché un’associazione di volontariato, “Gli amici del cuore”, con grande coraggio ha sollevato perplessità su alcune pratiche attuate in quel reparto. Se non avessero chiesto con determinazione chiarimenti, se non si fossero rivolti alle istituzioni denunciando le condizioni in cui si operava, oggi probabilmente si continuerebbe a “sperimentare”.
E’ il segno, evidentemente, che qualcosa non ha funzionato in materia di controlli preventivi, e il tema non mi pare di poco conto.
Agli “Amici del cuore” e al professor Spinella siamo grati, nella consapevolezza che l’associazionismo è una grande ricchezza non solo per quanto riguarda le politiche di sostegno e integrazione con il pubblico che può mettere in campo, ma anche per il prezioso ruolo di “sentinella” rispetto a sistemi distorsivi e degenerativi.
Aggiungo, non per mera difesa d’ufficio, che le istituzioni locali hanno fatto quello che dovevano fare: raccogliere le segnalazioni, sollecitare prontamente controlli da parte di chi ha competenza in materia e, non appena la commissione regionale ha evidenziato criticità, sollecitare con forza l’assunzione di provvedimenti rigorosi. Ma, evidentemente, non è sufficiente.
Si accusa la “politica” di essere invasiva rispetto alla sanità: io credo invece che non la politica, ma le istituzioni locali si siano assunte la responsabilità di difendere gli interessi dei cittadini, pretendendo che venisse fatta piena luce sugli episodi segnalati e fossero adottati provvedimenti in grado di ripristinare condizioni di sicurezza e serenità, a tutela di pazienti e operatori.
Ricordo che proprio quei provvedimenti hanno diviso l’opinione pubblica. Basterebbe andarsi a rileggere il profluvio di dichiarazioni a sostegno dei medici, le raccolte di firme, le conferenze stampa di alcuni sanitari per accreditare l’idea di un “complotto” della politica.
Saranno i giudici a stabilire le responsabilità dei singoli medici, tuttavia le cronache di questi giorni ci descrivono, purtroppo, un’altra verità.
La commissione regionale prima per quanto riguarda gli aspetti amministrativi, la magistratura oggi per quanto riguarda quelli giudiziari, hanno sollevato il velo su evidenti distorsioni del sistema. Resta, tuttavia, aperto il problema di evitare che tutto questo accada, e su questo anche la politica ha una quota di responsabilità. Io credo che la società e le istituzioni avranno fatto fino in fondo il loro dovere solo quando avranno messo in campo azioni di contrasto preventivo, cioè strumenti che consentano di intervenire prima e non dopo, per ridurre al minimo eventuali comportamenti degenerativi.
Nessuno intende mettere limiti alla ricerca e alle sperimentazioni. Ma se la magistratura – e il presidente dell’Ordine dei medici lo conferma – sostiene che le sperimentazioni oggetto dell’inchiesta sono avvenute al di fuori del vaglio del comitato etico, viene da chiedersi se davvero il sistema, così come è regolato oggi, offra adeguate garanzie.
E’ sufficiente l’etica del professionista che sperimenta a garantire il cittadino sulla coerenza dei suoi comportamenti rispetto al mandato ricevuto? In teoria sì, ma la vicenda modenese dimostra che qualche cautela ulteriore va messa in campo, alla luce del fatto che in campo ci sono forti interessi economici che poco o nulla hanno a che vedere con la tutela della salute dei pazienti. Siamo sicuri che siano stati adottati tutti gli strumenti utili a verificare la coerenza della sperimentazione rispetto al mandato affidato al ricercatore?
E’ un interrogativo che va posto principalmente all’Università, che dell’attività di ricerca in campo sanitario ha la piena titolarità. Come prevenire nella sanità fenomeni così gravi è la domanda a cui l’Università per prima è chiamata a dare risposta, dopo un prolungato e assordante silenzio. E anche la politica, a tutti i livelli, deve chiedersi se servono correttivi per quanto riguarda la regolamentazione e lo svolgimento dell’attività di sperimentazione legata all’assistenza sanitaria.
Una cosa è certa: non possiamo demandare alla magistratura il compito di risanamento civile, etico e morale in tutti i settori della vita civile del nostro Paese. Occorre che su un tema così delicato, che attiene alla salute e quindi al bene più prezioso di ogni persona, ci sia il massimo di trasparenza e di rigore, senza difese corporative né timidezze. E chi ha responsabilità deve assumersele fino in fondo, costi quel che costi».