Da molti anni le mafie si sono infiltrate nel Nord, in Emilia, nel modenese. Per tanto tempo tutto ciò è passato sotto silenzio – con le dovute eccezioni – della politica, della stampa, della pubblica opinione. Un silenzio a volte complice, a volte frutto di sottovalutazione, talvolta incredulo e figlio dell’orgoglio emiliano.
Per fortuna negli ultimi anni – con una accelerazione dovuta soprattutto al caso del giornalista Giovanni Tizian e a numerosi fatti di cronaca tra Modena e provincia (puntualmente denunciati da giornalisti coraggiosi come Stefano Santachiara) – il fenomeno ha assunto la preoccupata visibilità che merita, richiamando l’attenzione e l’iniziativa non solo delle forze dell’ordine e della Magistratura ma della politica, della stampa, dell’associazionismo e della società civile.
Oggi si riconosce con preoccupazione la dimensione e diffusione del fenomeno e molti – noi tra questi – parlano non più di infiltrazioni ma di deciso radicamento della criminalità organizzata nel modenese.
L’insediamento a Modena – frutto di spartizione geografica e tematica (appalti, droga, gioco d’azzardo, etc) tra cosche e famiglie dei vari gruppi camorristi, mafiosi e ‘ndranghetisti – ha precise caratteristiche rinvenibili in altre zone del “ricco nord”: poco visibile, apparentemente meno violento, incardinato intorno agli appalti, alla corruzione, all’acquisizione di aziende e ai reati finanziari, oltre alla gestione, insieme a gruppi stranieri, dei mercati di droga e prostituzione.
Questa fetida presenza della criminalità organizzata è composta da un mix di “capibastone” della vecchia generazione e giovani rampanti in giacca e cravatta, laureati e capaci di trattare grandi affari, come il trasferimento di tonnellate di rifiuti, con le grandi aziende del nord.
Gli arresti, effettuati nei giorni scorsi dalla Guardia di Finanza, di tre affiliati alla ‘ndrangheta, accusati di reati gravissimi in società con pubblici amministratori del Comune di Serramazzoni, i sequestri ingenti di droga a Modena Nord e sul territorio provinciale, la diffusione del gioco d’azzardo, i numerosi incendi spesso non denunciati come dolosi, episodi di minaccia nei confronti di chi cerca di opporsi (come nel caso dei due dirigenti CNA che si occupavano di trasportatori): tutti questi fatti sono una ulteriore conferma del livello di radicamento delle mafie nel nostro territorio.
Non soltanto: i danni provocati dal terremoto e gli interessi enormi legati alla ricostruzione devono fare scattare un forte campanello d’allarme e, non a caso, nei giorni scorsi è stata diffusa la notizia della crescita anomala di imprese edili nella nostra provincia accompagnata da cambiamenti societari sospetti.
La lotta alle mafie, alla criminalità organizzata e alla corruzione deve divenire una assoluta priorità!
E’ vero: siamo un territorio tutto sommato ancora “sano” e che più volte ha dimostrato di avere buoni anticorpi e capacità di reazione civile. Tutto ciò però non basta più, non offre garanzie sufficienti per il futuro, come i diversi casi di fenomeni corruttivi denunciati in provincia – pur in attesa del lavoro dei magistrati – stanno a dimostrare.
Modena si è dotata da tempo di strumenti come l’Osservatorio provinciale sugli Appalti e il suo annuale rapporto, diversi Comuni hanno aderito alla rete di Avviso Pubblico; percorsi di educazione alla legalità, carte etiche degli Ordini professionali e altre esperienze ricche e significative sono state promosse dal tessuto sociale.
Il livello della presenza mafiosa e i pericoli legati alla ricostruzione impongono però un salto di qualità che rinforzi e soprattutto coordini gli strumenti esistenti, con il coinvolgimento di tutte le realtà sociali. E’ prioritario che la politica assuma con continuità una responsabilità di presidio rispetto ai tentativi delle cosche di alzare ulteriormente il tiro. Il pericolo per il tessuto democratico è sotto gli occhi di tutti.
Per questi motivi, la Federazione provinciale di SEL ha fatto sue, e propone con forza alla discussione della politica e della città, due proposte concrete elaborate dal Forum “Legalità e antimafia sociale” di SEL. Al Forum e alla discussione hanno contribuito, oltre a iscritti e militanti, diversi non iscritti al partito con competenze ed esperienze in materia: esponenti del sindacato, del mondo della scuola, di Libera e dell’associazionismo, degli Ordini professionali.
La prima di queste proposte è la richiesta di istituire le Commissioni Consiliari Antimafia permanenti sia a livello Comunale che Provinciale, per dotarsi di strumenti politici efficaci che si raccordino con le altre istituzioni e che siano punti di riferimento per il territorio nell’indagare e approfondire il fenomeno e nell’attivare politiche più decise di contrasto al crimine mafioso e alla corruzione che ne deriva.
I pericoli connessi alla ricostruzione post-sisma rendono non rinviabile questo obiettivo.
La seconda richiesta è l’attivazione, sollecitata in particolare modo dalle organizzazioni della società civile, di un unico Tavolo provinciale di coordinamento di tutti i soggetti interessati al fenomeno: forze dell’ordine e rappresentanti delle istituzioni locali, associazionismo e sindacato, Ordini professionali, categorie economiche. Un Tavolo capace di creare sinergie e collaborazioni, evitare sovrapposizioni, promuovere iniziative e azioni concrete, scambio di informazioni e segnalazioni.
(Marco Cugusi – Forum SEL “Legalità e antimafia sociale”, Giuseppe Morrone – Coordinatore Federale SEL, Cristian Favarin – Coordinatore Circolo di Modena SEL)