Appelli per la liberazione degli italiani sequestrati o arrestati ingiustamente in Paesi stranieri, ma solo se sono simpatici alla sinistra. Questo sembra essere stato il ragionamento seguito dal Sindaco di Reggio Emilia, Graziano Delrio, che ha esposto, davanti alla Sede municipale, uno striscione nel quale si chiede la liberazione di Rossella Urru, la volontaria di una Ong sequestrata in Algeria da un gruppo di terroristi islamici, forse una branca Saharawi di Al-Quaeda del Maghreb.

Stesso discorso per Vasco Errani che ha fatto appendere davanti al palazzo della regione una gigantografia di Rossella Urru e si è rifiutato di esporre quella dei marò come richiesto dai consiglieri regionali del Pdl attraverso una risoluzione presentata in aula.

Delrio, che è anche presidente dell’ANCI, ed Errani presidente della conferenza delle regioni, si sono dimostrati indifferenti di fronte al “sequestro” di due militari italiani da parte delle autorità dello Stato indiano del Kerala: si può parlare infatti di sequestro in quanto la polizia indiana salendo a bordo della nave italiana per arrestare i due marò italiani, dopo avere indotto il comandante della nave stessa, attraverso l’inganno, ad attraccare in un porto indiano, ha palesemente violato il principio dell’extraterritorialità ed ogni norma del diritto internazionale.

Evidentemente per Delrio ed Errani, questi due militari non meritano, come la Orru, un appello alla loro liberazione. Prendo atto dunque, con rammarico, che per il presidente dell’ANCI e per il presidente della conferenza delle regioni, non tutti gli italiani sono uguali.

Questi due marò si trovavano infatti a bordo di una nave battente bandiera italiana, su incarico del Governo italiano, d’intesa con l’associazione degli armatori (Confitarma) e su mandato internazionale, per svolgere un’azione preventiva e di contrasto alla pirateria: questi militari hanno quindi svolto esclusivamente il proprio dovere, nell’ambito del mandato ricevuto, nel momento in cui hanno valutato l’imminenza di un attacco armato da parte di pirati locali.

Oltre a ciò, se l’accusa inverosimile rivolta ai due militari, di avere ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati somali, fosse provata, farebbe riferimento ad un reato avvenuto in acque internazionali e quindi di competenza della magistratura italiana.

Non solo: la perizia balistica, intesa a stabilire se fossero state le armi in dotazione ai due militari italiani a colpire i pescatori indiani, è stato compiuto senza la presenza delle controparti e quindi in violazione di ogni diritto processuale dei miliari imputati.

In processo ai marò italiani appare dunque sempre più viziato e condizionato da fattori politici interni all’India e in aperta violazione di ogni principio della civiltà giuridica: un atto arbitrario che umilia l’Italia e l’esercito italiano.

Il Governo italiano ha, finora, dato sfoggio di molta retorica e di poco coraggio.

(Fabio Filippi)