Banchetti che si concludevano con finocchi rivestiti di zucchero cristallizzato, maschere la cui fama giungeva fino a Venezia, balli in maschera e feste di corte, “sontuosi trofei e gaie quintane, corse all’anello, al palio e nel facchino armato, zuecche, barriere, commedie, concerti musicali, giuochi al pallone, balli”. Così, come documenta lo studioso Venceslao Santi nella “Storia nella Secchia rapita”, la città di Modena festeggiava il carnevale nel Seicento. Alle feste trasgressive dei secoli passati è dedicata la conferenza in programma giovedì 23 febbraio all’Archivio storico del Comune di Modena, in via Vittorio Veneto 5, dalle 17.15 alle 18.15. L’incontro, a ingresso gratuito, prevede anche la lettura di frammenti da antiche cronache modenesi custodite nell’archivio e si concluderà degustando le frappe. Anticamente spettava al Duca il diritto di concedere la licenza di “andare in maschera”, a meno che gravi fatti non intervenissero a turbare la quiete pubblica. Qualche volta le autorità poterono sospendere i festeggiamenti facendo ricorso ai pronostici degli astrologi che preannunciando, per il mese di febbraio, nevicate, diluvi e intemperie creavano una tale apprensione per possibili grandi calamità che placava gli animi irritati per la mancata “baldoria”.(Ordine sopra le feste da ballo, Gridario 1620-1750).

Contro il carnevale brontolavano “i quaresimalisti nelle loro prediche. Gli artigiani modenesi però andavano famosi come modellatori insuperabili di maschere, molto richieste e non solo dal mercato interno”, come ricorda il cronista Lalli nella “Franceide, ovvero del mal francese” (Venezia 1629). Si andava in maschera per Carnevale, ma anche in occasione di altre feste nel corso dell’anno ed elemento importantissimo nelle mascherate era la musica tanto vocale che strumentale, come annota il cronista Spaccini il 13 febbraio 1599: “Messer Horatio Vecchi fece una bella mascherata di gramolatori de pasta, cantando a quel tempo, et donavano pane e brazzadelle, certo bella inventione”. La Corte estense imbandiva cene e sontuosi banchetti in occasione del carnevale e i privati si sforzavano di fare altrettanto: nei limiti delle loro possibilità, tutti i cittadini imitavano la casa regnante. Le preziosità gastronomiche come le starne, le pernici, i fagiani e le confetture erano molto costose, mentre i finocchi rivestiti di zucchero cristallizzato erano usatissimi alla fine dei pasti signorili e non mancavano dalla tavola degli artigiani. La salciccia fina di Modena era presente in tutti i banchetti, assieme a tessuti preziosi, luci, costumi e macchine pirotecniche. Sede privilegiata dell’euforia, come riportano le cronache, “fu il teatro, che ebbe nelle feste e negli spettacoli dei ducati emiliani alcuni dei momenti più significativi, ammirati ed invidiati dalle grandi corti europee”.

La prima notizia relativa alla commedia a Modena risale al carnevale del 1523, quando in casa del Cardinal Rangoni (umanista), si fece una bella festa cui fece seguito una commedia. Grande fu la partecipazione dei cittadini. Con l’arrivo della corte Estense al carnevale si abbinò il Palio, come per le grandi feste religiose: i cavalli berberi, uno per quartiere, gareggiavano fra gli schiocchi di frusta e le urla dei fantini per conquistare un drappo di stoffa finissima e un quadro decorato con l’immagine del Santo Patrono al centro, lo stemma del Duca da un lato e quello della Comunità dall’altro. Nella cronaca Spaccini sono elencati i travestimenti per il Carnevale: nel febbraio 1623 al principe Rinaldo fu fornito un vestimento da tedesco rosso e giallo di tela con “lambarda e mascara”; e per lo stesso carnevale le dame ebbero 40 cozze di stagno “per la mascherata de’ pellegrini”. Così le cronache descrivono le feste settecentesche: “Ieri è terminato con molta quiete il Carnevale col solito Corso, Opera e Ballo in maschera. Assai numeroso il concorso delle persone a tutti i suddetti divertimenti. Nel 1771, poi, oltre la magnifica Festa di corte alla Nobiltà intervenendovi il numero solito sempre assai copioso, è stato ugualmente affollato il concorso a tutti gli altri spettacoli del Teatro, dal Ridotto, del Listone e dei Corsi delle Carrozze e delle Maschere. Lunedì sera tutta questa primaria Nobiltà fu ammessa dalle loro Altezze ad una splendida cena dopo l’opera, susseguito poi dal Ballo in musica nel Teatro suddetto, così per ogni parte è stato qui al maggior segno brillante il Carnevale senza il più piccolo inconveniente e con piena soddisfazione”. Ancora nel 1874, il 30 Novembre, in un verbale del Consiglio comunale, c’è chi auspica un cospicuo stanziamento di fondi, “dote teatrale”, per l’allestimento degli spettacoli di carnevale sostenendo che: “Il teatro, o Signori, è luogo di gradevole ritrovo, e tutta questa gioventù anzicché andarsi a perdere nelle bische, ed altri luoghi più o meno tollerati, accorrerà volentieri ad udire della buona musica che nobilita i sensi ed educa lo spirito ed il cuore. Oltre a ciò, o Signori, in fatto di sociabilità noi siamo in condizioni poco favorevoli, ed il Teatro è luogo adatto per riunire le diverse classi cittadine, soprattutto in tempo di carnevale”.