Il discorso del sindaco Virginio Merola, tenuto oggi nel corso
della seduta congiunta dei Consigli comunale e provinciale in occasione del
“Giorno della Memoria”.
“Signora presidente della Provincia, Signor Prefetto, caro Rabbino,
autorità civili e militari, gentili ospiti, consigliere e consiglieri, caro
sindaco di Mauthausen, il 27 gennaio è la giornata del ricordo della Shoah, del terribile crimine perpetuato dal nazismo e dal fascismo contro il popolo ebraico. La soluzione finale del cosiddetto problema degli ebrei, attuata con lucida determinazione dal nazismo, con l’attiva collaborazione del fascismo italiano, ha segnato la fine di un’idea del progresso come destino
dell’umanità. Da allora è finita la certezza del progresso umano, ed
emersa in tutta la sua possibile concretezza la capacità dell’umanità di
distruggere se stessa.
Il periodo di pace e di ricostruzione che in modo positivo dal secondo
dopoguerra ad oggi ha segnato la vita dell’Europa e delle nostre
democrazie, ha dovuto registrare tuttavia il ritorno di genocidi, di
pulizie etniche, e l’affermarsi della consapevolezza delle possibili
catastrofi ambientali per opera della nostra stessa umanità. Per questo
ricordare lo sterminio di milioni di ebrei significa per il nostro presente
non solo continuare con una intensa attività di educazione verso i giovani,
sui fatti avvenuti e sul loro significato storico attuale, ma soprattutto
stimolare e praticare in tutti i modi possibili il rifiuto
dell’indifferenza, della possibilità di valutare nella nostra vita civile,
di comunità, il fatto accertato che l’orrore della Shoah e la vittoria
dell’odio possano riprendere vigore.
Viviamo oggi una fase di crisi della costruzione europea, che può incidere
sulla convivenza e sulla collaborazione dei nostri popoli. Dopo l’adozione
dell’euro come moneta comune, gli stati europei sono chiamati a decidere in
questi mesi, se andare avanti con più coraggio, iniziativa, sulla strada
dell’unione politica e federale, o rassegnarsi ad un ritorno di
nazionalismo, di competizione tra stati, che in questi 65 anni pensavamo di
avere superato in modo definitivo. Ci sono segnali preoccupanti di
recrudescenza del fenomeno nazista, razzista e xenofobo, in Europa e in
Medio Oriente, in particolare contro lo stato di Israele, prima democrazia
di quell’area del mondo.
Il revisionismo negazionista continua a seminare il falso, e
l’antisemitismo riprende vigore attraverso la degenerazione populista delle
nostre democrazie e il consolidamento dell’antipolitica, con gruppi,
movimenti e partiti reazionari nel cuore stesso dell’Europa. La pesante
eredità dell’antisemitismo si aggrava, con la pratica del rifiuto del
diverso, delle persone delle comunità diverse dalle maggioranze. Questi
gruppi faziosi lavorano alla metodica e consapevole costruzione del diverso
da noi, come causa dei mali e dei problemi della vita civile, e delle
difficoltà in particolare per i nostri ceti più deboli, accuiti oggi dalla
crisi economica e dalla mancanza di futuro e di prospettive, in particolare
per i nostri giovani. Dobbiamo perciò, per passare all’azione e reagire,
interrogarci come persone e come comunità su tante questioni, ma io ritengo
su una questione fondamentale: possiamo imparare a convivere meglio tra noi
uomini, o gli uomini continueranno ad essere lupi per gli uomini, e quindi
continueranno ad esempio a non restituire alla donna i posto che le spetta,
primo fra pari? Riusciremo a realizzare questa civiltà?
Dopo la Shoah per la storia dell’umanità nulla è come prima, la domanda di
Primo Levi ‘se questo è un uomo’, continua ad essere la nostra domanda. Noi
oggi sappiamo che il progresso dipende dalle nostre capacità di essere
liberi, dall’esercizio consapevole e responsabile delle nostre libertà.
Siamo chiamati a riflettere su cosa rende autentica perciò la nostra
libertà, e quella degli altri, e ad essere guardiani della nostra volontà
di essere liberi, e valutare come facciamo uso nelle relazioni con gli
altri delle nostre libertà.
La pesante eredità dell’antisemitismo si aggrava oggi con il ritorno di
posizioni di chiusura nazionalistica e con la riproposizione di concezioni
dell’identità personale collettiva di esclusione della diversità e delle
minoranze. Il popolo ebraico da sempre convive con una domanda aperta, ‘per essere accettati dobbiamo assimilarci al pensiero dominante, omologarci al senso comune del contesto in cui viviamo, o dobbiamo cercare di essere noi stessi?’. Ancora oggi il popolo ebraico vive con la consapevolezza di
appartenere ad una grande tradizione storica, culturale e religiosa,
insieme alla preoccupazione per la sorte degli ebrei che vivono in Paesi a
rischio, e con l’attaccamento allo stato di Israele. Nello stesso tempo la
cultura ebraica credo ci richiami al valore della libertà come fattore
costitutivo della nostra identità. Voglio citare le parole di Gustav
Landauer, filosofo e politico assassinato con la repressione del movimento
rivoluzionario tedesco, nel 1919: ‘sono ebreo e tedesco, non un
ebreo-tedesco, né un tedesco-ebreo’. E ancora, 2000 anni fa, Filone
d’Alessandria, quando gli chiesero come facesse ad essere leale verso
l’Egitto e verso Israele insieme, rispose: ‘perché non si può forse amare
nello stesso modo il padre e la madre?’.
Ricordare la Shoah significa perciò, ricordare proprio oggi che nella
nostra città, che ha la più antica università del mondo, è potuto accadere
che sia stato costruito il ghetto. E’ potuto accadere anche qui che gli
italiani di religione ebraica furono perseguitati da leggi razziali,
nell’indifferenza di troppi bolognesi di allora. Ricordare la Shoah
significa dunque essere consapevoli che l’ignoranza non è solo assenza di
conoscenza, ma anche soprattutto rifiuto di riconoscere, pregiudizio verso
chi si vuole identificare come causa delle cose che non vanno. Ricordare la
Shoah significa che nel presente occorre stare ad occhi aperti, contro il
pregiudizio e contro chi semina odio, o alimenta la discriminazione,
l’intolleranza verso le minoranze, verso le religioni, verso particolari
gruppi etnici. E significa soprattutto partecipare alla vita civile e
politica della nostra comunità, prendendo posizione, uscendo
dall’indifferenza e dalle sottovalutazioni. Significa combattere l’odio e
il pregiudizio usando bene la libertà che abbiamo.
Esercitiamo la memoria della Shoah per non dimenticare l’orrendo crimine
del nazismo e del fascismo, e per condannare ogni dittatura senza
attenuanti. Ma per costruire il nostro futuro dobbiamo raccogliere il
messaggio che ci consegna la storia di persecuzioni di culture e conquiste
del popolo ebraico, che provo a riassumere così:
chiedere e ottenere rispetto per le persone;
rispetto per la verità storica e per l’effettiva realtà delle cose;
rispetto delle persone diverse da noi e delle loro convinzioni;
rispetto della giustizia, contro i soprusi;
rispetto della natura e della vita;
rispetto della donna e delle persone omosessuali;
Abbiamo perciò un compito, un dovere, che rende autentico il nostro diritto
di cittadinanza, e che è testimoniato anche qui oggi dalla presenza di
perseguitati politici del nazismo e del fascismo: la politica è
l’organizzazione della convivenza tra diversi. Non esiste perciò in
democrazia una politica buona o una cattiva, questo riguarda i programmi,
non i principi, non i valori condivisi, ma esiste la politica o la
negazione della politica, e quindi della convivenza democratica tra liberi
ed uguali. Ci sono persone che hanno saputo combattere in passato per i
loro ideali, e ci sono ancora tante persone che combattono contro le
dittature, contro le ingiustizie del mondo in cui viviamo. E ci sono
persone, tante, tra cui il sindaco di Mauthausen, che oggi ci onora della
sua visita, che ci ricordano che anche se non siamo noi adulti e giovani
nati dopo l’olocausto responsabili di quello che è successo, siamo tuttavia
responsabili di costruire un futuro diverso e migliore.
Ai ragazzi e alle ragazze della nostra città chiedo coraggio e impegno
mentre auguro loro il migliore futuro possibile. Senza coraggio e senza
impegno non c’è speranza autentica. Invito i giovani a seguire la propria
stella per cercare di realizzare la vita che desiderano, insieme, non
contro gli altri. E soprattutto di ascoltare in particolare gli adulti che
sono capaci di fare lo stesso con loro, non quelli che, come ci ha detto
Fabrizio De André, nostro grande poeta, danno buoni consigli perché non
possono più dare il cattivo esempio; non quelli che rivendicano la loro
autorità senza essere capaci di autorevolezza; non quelli che sono incapaci
di dare loro l’esempio in prima persona e di ammettere i loro errori. E di
tenere fermo che una società che lotta per la democrazia e l’eguaglianza è
una società capace di combattere egli errori quando nascono. E di tenere
ferme le proprie convinzioni e i propri valori democratici, anche quando è
necessario, contro l’errore della maggioranza, andare in direzione ostinata
e contraria”.