Leggiamo con attenzione e francamente con stupore le dichiarazioni rilasciate alla stampa dal Presidente di Legacoop Modena Lauro Lugli e in particolare il titolo di stampa “Privatizzare per risparmiare milioni di euro”.
Le parole sono importanti e quindi ci pare corretto puntualizzare alcune cose, essendo senza ombra di dubbio la Cgil fra quelli che negli anni hanno difeso, e continueranno a farlo, il mantenimento in capo al Comune di una parte significativa della gestione dei servizi, educativi e non solo.
Servizi, non scordiamolo, che per numero e qualità mettono Modena fra i modelli da imitare.
Privatizzare in senso stretto, senza dubbio, fa veramente risparmiare alla finanza pubblica, ma in questa ipotesi il Comune smette di garantire in modo universale un certo tipo di servizio e lascia che il cittadino “liberamente” acquisti sul mercato il servizio pagandolo interamente di tasca propria. E’ certo, pensiamo di non essere smentiti, che i cittadini, o non sarebbero in grado di accedere al servizio, o lo pagherebbero molto di più.
Forse invece Lugli si riferisce alla possibilità di esternalizzare la gestione di un maggior numero di servizi rispetto a quello attuale e il dibattito di questi giorni rischia di essere molto fuorviante, se non si conosce quanto già oggi la presenza di molteplici gestioni caratterizzi il modello di “welfare mix” modenese.
Nell’esternalizzazione, indipendentemente dal soggetto gestore (cooperativa sociale, privato convenzionato….), il servizio continua ad essere garantito in maniera universale, con standard educativi e criteri qualitativi di responsabilità definiti dal pubblico, con costi che quindi rimangono anche a carico del Comune (appalto, formazione, sperimentazioni di nuovi modelli, aggiornamenti, gestione delle graduatorie, manutenzione e ammortamento immobili, supporti, graduazione della compartecipazione da parte dei cittadini in relazione alle capacità economiche…. )
Il Presidente Lugli sostiene che molti studi certificano che il costo-bambino in una struttura gestita dalla cooperazione sia il 40% in meno rispetto al costo sostenuto dal Comune, rispettando regole, standard, contratti e leggi. A ciò si deve aggiungere poi il giusto compenso per l’attività di impresa.
Detta così i più potrebbero pensare che, o il pubblico sperpera nel sistema dei servizi un sacco di soldi dei cittadini (e altrettanti studi dimostrano che così non è) o che le condizioni di lavoro economiche e contrattuali dei dipendenti pubblici siano un privilegio non più accettabile nella società di oggi (un educatore di nido pubblico percepisce circa 1.200 euro al mese ….).
Se lo si pensa occorre dirlo con chiarezza e assumersi la responsabilità di questa affermazione.
Altrimenti è necessario ammettere che, senza cadere nella illegalità, a parità di professionalità e di competenze espresse, esiste un gap economico e normativo di rilievo per i dipendenti della cooperazione; e anche che a tutt’oggi il supporto economico, funzionale, logistico assicurato dal Comune ha consentito un risparmio ai soggetti gestori.
Tolti questi due fattori forse il costo-bambino non sarebbe tanto diverso…
Non pensiamo di dire falsità se affermiamo che le esternalizzazioni producono un risparmio, o in termini di riduzione del costo del lavoro, o di riduzione della quantità del servizio o della sua qualità.
Certo, anche per le manovre di finanza pubblica che impediscono ai Comuni di garantire il turnover, la scelta di ulteriori esternalizzazioni rischia di diventare obbligata, ma non è di per sé una positiva innovazione.
Come garantire sostenibilità ad un sistema di welfare chiamato a rispondere a bisogni nuovi e crescenti è la sfida a cui la nostra società, nella sua interezza, è chiamata a rispondere e su questo la Cgil vorrebbe confrontarsi.
Il movimento cooperativo, da sempre protagonista dello sviluppo sociale ed economico del nostro territorio, e che noi consideriamo una forza essenziale per uscire dalla crisi, non può limitare il suo intervento all’obiettivo di sostituire il pubblico nella gestione dei servizi allapersona, ma ha l’obbligo di allargare il proprio campo di azione in settori importanti e strategici quali nuovi investimenti, sostegno alla nascita di nuove imprese cooperative, riprogettazione, recupero e ammodernamento delpatrimonio esistente, promuovendo nuova occupazione, difesa e sviluppo dei diritti dei lavoratori, solidarietà e coesione sociale.