Una cella di nemmeno 14 metri quadrati “trasferita” nel pieno di centro di Bologna, simbolo dell’emergenza carceri resi invivibili dal sovraffolamento e poco sicuri per la carenza di personale penitenziario.
All’interno dello ‘spazio’, in mostra al pubblico fino a domenica in piazza Re Enzo, due lettini a castello, quattro piccoli armadietti e qualche mensola. Il bagno, compreso nello spazio totale e non riprodotto nell’esposizione, comprende un lavandino e un wc. Le docce sono in comune ed esterne alla cella.
L’iniziativa “una cella in piazza” è stata presentata dalla referente regionale della Conferenza nazionale volontari giustizia, Paola Cigarini, dal garante dei diritti delle persone private della libertà personale per il Comune di Bologna, Vanna Minardi, e dal difensore civico dell’Emilia Romagna Daniele Lugli.
All’inizio del 2010 negli istituti penitenziari emiliano romagnoli, come lamenta il difensore civico Lugli, già si denunciavano quasi il doppio di presenze rispetto alla capienza regolamentare. “Tutto questo preoccupa – spiega il legale – perchè viene meno anche il livello generale di garanzie che devono essere offerte ai detenuti e a chi dentro un carcere lavora”. Per sottolineare il venir meno, in queste condizioni di emergenza, del fine educativo del carcere alcuni volontari della Conferenza nazionale volontari giustizia hanno denunciato l’impossibilità di mettere in pratica corsi formativi e ricreativi per i detenuti.
“Ai cineforum nella sezione maschile della Dozza di Bologna- racconta Maria Luisa Cavallari dell’A.Vo.C., l’associazione volontari del carcere – possono accedere solo 20 persone. Le attività non sono supportate dalla direzione. Spesso il volontariato viene vissuto come un lavoro in più per gli agenti penitenziari che sono in numero insufficiente”.” Su 1.150 detenuti – spiega un altro volontario che svolge attività nel carcere di Bologna – i corsi per muratori, per giardinaggio o cucina sono frequentati solo da 150 persone”.