La direzione di Ceramiche Gambarelli e Ceramiche di Siena ritengono doveroso operare una precisazione rispetto a quanto apparso sulla stampa, a opera di un comunicato del sindacato di Siena, che ha riportato soltanto una parte dell’operazione, creando allarmismo ingiustificato nei lavoratori.
L’operazione annunciata dal sindacato, di messa in cassa integrazione straordinaria di tutti i dipendenti, rientra in un percorso tecnico di ristrutturazione del debito. Attraverso un accordo con le banche e una cessione di beni non strategici, le vecchie società saranno messe in liquidazione. Nel comunicato, il sindacato non ha riportato che la continuità della produzione e della parte commerciale e amministrativa sarà garantita, in maniera irrevocabile, da una new company. Le trattative sindacali sono state gestite dall’azienda, con il supporto di Confindustria Modena e di Confindustria Siena.
La nuova società, che si chiamerà Gruppo ceramiche Gambarelli e che avrà come azionari al 70% la famiglia Pozzi e al 30% finanziarie collegate al Monte dei Paschi di Siena (la Finanziaria Senese di Sviluppo, che già per 10 anni è stata nel capitale di Ceramiche di Siena) rileveranno, attraverso un iniziale affitto d’azienda, il 100% dei dipendenti mantenendo l’attuale retribuzione, anzianità e qualifiche. Sarà garantito, con impegno irrevocabile, l’acquisto dei marchi, brevetti, magazzino e immobili strategici, mentre quelli non strategici saranno ceduti al fine di soddisfare il debito delle old company.
La società avrà inizialmente un capitale di cinque milioni di euro, che sarà elevabile a otto milioni con l’intervento del prestigioso Fondo Sgr SICI, per avere un ulteriore espansione e sviluppo. Le riassunzioni del personale e la continuità dell’attività inizierà già dall’1 agosto per la logistica e le spedizioni, dal 27 agosto per la parte commerciale e amministrativa in quasi totalità, mentre la produzione ripartirà nel mese di ottobre, con un assetto che dipenderà dal portafoglio ordini e dalla situazione congiunturale: dovere dell’azienda è preservare il capitale immesso e, conseguentemente, la produzione sarà legata alle vendite. Si ritiene che entro la primavera del 2010 si potrà arrivare a regime, salvo il prolungarsi della crisi.
In una situazione così difficile di mercato, sarebbe anche comprensibile la scelta di un imprenditore di alzare bandiera bianca: la decisione, invece, di immettere capitali per proseguire l’attività e salvaguardare l’occupazione potrebbe essere, se non apprezzata, almeno non osteggiata dal sindacato.