La Clinica delle Malattie dell’Apparato Respiratorio del Dipartimento integrato di Oncologia, Ematologia e Pneumologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Modena, è all’avanguardia nella diagnosi della tubercolosi, ed è stata il primo centro al mondo ad eseguire uno studio comparativo di due nuovi test immunologici.


Il prof. Luca Richeldi ha guidato, assieme all’equipe di ricercatori della Clinica di Malattie Infettive e Pediatrica dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia e del laboratorio di Microbiologia e Virologia del Policlinico di Modena, le sperimentazioni su due test, il QuantiFERON-TB Gold (QFT-TB) ed il T-SPOT.TB (TS.TB): questi nuovi test, a differenza del tradizionale test cutaneo, si sono rivelati maggiormente affidabili nell’individuare la patologia anche in pazienti con tubercolosi latente.

Mentre il test cutaneo si limita a verificare una reazione della pelle dopo 72 ore dall’iniezione della tubercolina, con un’alta possibilità di “falsi positivi”, i test QFT-TB e TS.TB funzionano su un campione di sangue in cui misurano la risposta immunitaria specifica verso il micobatterio della tubercolosi attraverso i livelli della citochina interferone gamma (IFN-γ).

“I successi legati alla sperimentazione dei test – ha asserito il Rettore dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia prof. Gian Carlo Pellacani – sono il frutto dell’impegno che l’Ateneo sta portando avanti da anni per raggiungere livelli di competitività internazionali. I risultati ottenuti, confermati anche dalla pubblicazione dei risultati sulla rivista internazionale “The Lancet”, dimostrano l’importanza che ricopre la collaborazione tra il mondo accademico della ricerca e l’attività clinica delle strutture sanitarie che, come in questo caso, ha portato l’ateneo modenese reggiano all’avanguardia tra i centri di ricerca in questo campo”.

L’aspetto tra gli altri che rende, infatti, assolutamente innovative le sperimentazioni effettuate dall’equipe del prof. Luca Richeldi, è che i test sono stati applicati sia su pazienti ospedalizzati sia su pazienti ambulatoriali e quindi, su una popolazione caratteristica di qualunque ospedale, cosa che porta i risultati ottenuti a poter essere applicati alla normale pratica clinica. “È prevedibile – ha spiegato il prof. Luca Richeldi – che questi due nuovi test, già disponibili sia negli Stati Uniti che in Europa, entreranno rapidamente nell’uso clinico e lo studio pubblicato costituirà un elemento importante per la loro corretta applicazione”.