Il colesterolo non è più il solo nemico pubblico numero uno di cuore e arterie: accanto ai grassi animali, infatti, salgono sul banco degli imputati soprattutto alcuni farinacei (pane bianco, patate, riso) che rilasciano rapidamente lo zucchero nel sangue favorendo l’infiammazione delle pareti dei vasi e quindi l’aterosclerosi.


L’annuncio viene dai massimi esperti mondiali nel corso del XV Congresso internazionale DALM (Drugs Affecting Lipid Metabolism) che si apre domenica a Venezia sotto la presidenza del prof. Rodolfo Paoletti presidente della Fondazione Giovanni Lorenzini e preside della facoltà di Farmacia dell’Università di Milano.

I cibi sul banco degli imputati oggi sono quelli cosiddetti ‘ad alto indice glicemico’. ”Sono quelli – spiega Andrea Poli, segretario scientifico della Fondazione Italiana per il Cuore, nel presentare il Congresso di Venezia – che nel processo digestivo vengono più velocemente scissi in singole molecole di glucosio rapidamente assorbibili. Questo meccanismo si associa a una azione infiammatoria sulle pareti dei vasi, misurabile – ha precisato Poli – con le concentrazioni nel sangue di indicatori dell’ infiammazione, quale è la ‘proteina C reattiva’ (PCR)”.

Poli ha spiegato che la ricerca scientifica nel settore dell’arteriosclerosi ha ormai accertato che i fenomeni di carattere infiammatorio giocano un ruolo essenziale in questa malattia. Secondo questa interpretazione, che rappresenterà uno dei temi di maggiore interesse del Convegno di Venezia, la rottura di una placca (che rappresenta in genere il momento di innesco dell’infarto cardiaco), è infatti grandemente facilitata dalla presenza, nella placca stessa, di un ‘infiltrato infiammatorio’, che la destabilizza e attiva così la formazione del trombo che potrà occludere l’arteria causando appunto l’infarto.

Fra i cibi più dannosi per le arterie, dunque, vanno messi quelli che più di altri generano infiammazione. Da questo punto di vista, i nemici più pericolosi sono le patate, soprattutto se lesse, perchè sono ad altissimo ‘indice glicemico’ (”mangiar patate è come mangiare direttamente zucchero”, afferma Paoletti), come anche il pane bianco, il riso, la polenta.
E la pasta? ”Assolta – secondo Poli – ma a patto che sia quella italiana, preparata con farina di semola di grano duro e cotta al dente”. Solo con queste caratteristiche, infatti, ha un indice glicemico più basso e tiene di conseguenza bassa l’infiammazione.

Anche la pizza viene salvata dagli esperti, perchè l’azione negativa del pane che compone la base viene bilanciata dai componenti grassi che essa contiene (mozzarella, olio d’oliva), i quali rallentano lo svuotamento gastrico e quindi anche il metabolismo del glucosio. A salvare parzialmente le patate sono invece gli gnocchi: ”Sono sì costituiti da patate – dice Poli – ma il fatto che qui la patata venga praticamente cotta due volte, dopo essere raffreddata, ne riduce l’indice glicemico”.

Fra i cibi che hanno una valenza positiva i legumi, la frutta (”perchè lo zucchero che essa contiene è fruttosio, e non va ad aumentare il glucosio”), la verdura e il pesce, specie quello grasso, come gli sgombri. Confermato anche l’effetto protettivo dell’alcool: secondo gli esperti un consumo moderato di vino (un bicchiere a pasto), birra (una lattina) e liquori (un drink) sembra garantire un effetto antinfiammatorio e ‘pulisci-arterie’.

Ma tutto è oggi rivisto dal punto prospettico dell’infiammazione. Il consumo di prodotti ricchi di colesterolo (come ad esempio le vecchie margarine ‘vegetali’ a panetto) è associato sì ad un aumento della colesterolemia aterogena (il colesterolo Ldl), ma anche a un aumento dei livelli di PCR, la proteina indice di infiammazione.
Opposta è l’azione degli acidi grassi omega-3 di cui è ricco il pesce azzurro (gli sgombri già citati), e dell’alcol a dosi moderate (fra 30 e 40 grammi): comportano infatti una netta riduzione dei livelli plasmatici della PCR. E sull’alcol non è tutto: a Venezia sarà presente Eric Rimm, uno dei precursori della ricerca epidemiologica in questo settore, che esaminerà le evidenze che legano un moderato apporto giornaliero di qualunque bevanda alcolica ad una serie di effetti interessanti, quali la riduzione del rischio di diabete, di calcolosi biliare, di ipertrofia prostatica e di disfunzione erettile.

(Fonte: Ansa)