I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna, al termine di un’attività investigativa finalizzata al contrasto del sommerso da lavoro ed ai connessi fenomeni di illegalità economico – finanziaria, su disposizione del Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Bologna (Dott. Domenico Truppa), hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro di disponibilità bancarie, beni mobili ed immobili per quasi 600.000 euro, pari al valore delle imposte evase, nei confronti di un imprenditore di Zola Pedrosa nei cui confronti è stata accertata la commissione di gravi violazioni alla normativa penale/tributaria.

In particolare, l’indagine, coordinata dal Sostituto Procuratore Dott.ssa Manuela Cavallo e condotta dai finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Bologna, ha consentito di valorizzare a livello locale gli elementi di prova acquisiti nel corso di un’altra attività investigativa condotta dalla Procura di Bari, che aveva svelato l’esistenza di un meccanismo fraudolento ideato da un consulente del lavoro pugliese che proponeva ad ogni società da questi assistita di “esternalizzare” fittiziamente i propri dipendenti tramite la loro formale assunzione da parte di una s.r.l. con sede in Monopoli (BA). In sostanza, il professionista suggeriva ad ogni cliente di licenziare il proprio personale per farlo poi riassumere dalla società pugliese che garantiva, in forza di un contratto di appalto simulato, la continuità delle prestazioni lavorative dopo l’effettuazione dei licenziamenti.
Questo schema fraudolento è stato replicato anche con società di Zola Predosa grazie alla stipula con la s.r.l. di Monopoli di un contratto di appalto simulato avente ad oggetto la fornitura di servizi relativi alla produzione e vendita di prodotti alimentari da svolgersi presso la sede della prima, mentre di fatto tra le due contraenti sussisteva un mero rapporto di somministrazione di manodopera.
Tale stratagemma, infatti, consentiva alla società bolognese di mantenere la forza lavoro alle proprie dipendenze (pari a circa 55 lavoratori), senza sopportare i relativi oneri contributivi e di lucrare persino il risparmio di imposta derivante dall’utilizzo indebito dell’IVA indicata nelle false fatture, pari a circa euro 2.600.000, emesse tra il 2013 ed il 2018 a fronte del contratto di appalto che in realtà, come appena evidenziato, nascondeva un’illecita somministrazione di manodopera.

Dal canto suo l’azienda pugliese lucrava il corrispettivo derivante dall’appalto e beneficiava illecitamente degli sgravi contributivi previsti per l’assunzione di personale reduce da licenziamenti collettivi.
Molteplici sono stati gli elementi probatori raccolti a sostegno dell’accusa dal momento che l’appaltatrice di Monopoli non risultava disporre dei mezzi e delle strutture necessarie all’adempimento dell’obbligazione mentre la gestione del personale dipendente (che spesso non era nemmeno consapevole dell’avvenuto avvicendamento) restava di fatto in capo all’originario datore di lavoro.
L’operazione sviluppata dalla Guardia di Finanza testimonia ancora una volta l’impegno del Corpo nell’azione di contrasto al sommerso di lavoro e, nello specifico, alla salvaguardia dei diritti e delle tutele dei lavoratori.