Uno studio di due ricercatori Unimore, condotto in collaborazione con un team internazionale ha fatto interessanti scoperte sulla evoluzione della visione negli animali.

Di questo gruppo di studiosi fanno parte due docenti Unimore, i professori Lorena Rebecchi e Roberto Guidetti che appartengono al Laboratorio di Zoologia Evoluzionistica del Dipartimento di Scienze della Vita.

Ampia l’eco per questa scoperta nella comunità scientifica, tanto che la prestigiosa rivista Proceeding of The Royal Society of London ha ospitato un articolo dal titolo “Molecular palaeontology illuminates the evolution of ecdysozoan vision”, che riferisce dei risultati di questo studio.

La visione a colori è comparsa solo due volte nell’evoluzione, una volta nei vertebrati ed una negli Ecdysozoa, un gruppo di animali che condividono un antenato comune e che presentano un esoscheletro, cioè un rivestimento elastico esterno che li supporta e protegge e li obbliga ad accrescersi attraverso mute (ricambi successivi dell’esoscheletro). A questo gruppo appartengono gli artropodi (insetti, crostacei, ragni, acari) ed altri gruppi animali meno noti (tardigradi, nematodi, onicofori) od estinti (lobopodia).

Tuttavia, la storia evolutiva della visione negli ecdisozoi non è chiara. “A livello molecolare – affermano i prof. Lorena Rebecchi e Roberto Guidetti di Unimore -, i pigmenti visivi, molecole contenute nelle cellule fotorecettrici composte da un gruppo di atomi (il cromoforo) responsabili dell’assorbimento delle radiazioni luminose e da una proteina (le opsine) che cambia la sua conformazione a seguito di questo assorbimento, reagiscono al contatto con i fotoni della luce attivando le cellule fotorecettrici deputate alla prima trasmissione del segnale visivo. Nell’uomo, le cellule fotocettrici sono i coni e bastoncelli della retina oculare”.

Questo fa sì che gli ecdisozoi abbiano differenti sensibilità spettrali che determinano la diversa visione dei colori. A livello morfologico, la visione negli ecdisozoi è ottenuta attraverso occhi di diversi livelli di complessità: dai semplici ocelli osservati negli Onychophora agli occhi meravigliosamente complessi degli artropodi (insetti, ragni e crostacei).

Lo studio, di cui riferisce l’articolo pubblicato, esplora l’evoluzione della visione negli ecdisozoi sia a livello molecolare che morfologico, combinando l’analisi di un ampio set di dati sulle opsine, contenente opsine precedentemente sconosciute, e di analisi morfologiche di fossili cambriani (tra i 540 e i 485 milioni di anni fa) con strutture oculari conservate.

“Abbiamo scoperto – confermano i prof. Lorena Rebecchi e Roberto Guidetti di Unimore – che mentre molte linee evolutive di ecdisozi hanno opsine multiple, la visione multi-opsina degli artropodi si è evoluta invece attraverso una serie di duplicazioni genetiche che sono avvenute in un periodo di 35-71 milioni di anni. Il nostro studio che ha integrato dati molecolari sulla visione e dati paleontologici evidenzia inoltre che i fossili con occhi più complessi probabilmente possedevano anche un più ampio complemento di geni per le opsine”.

Allo studio, che reca la firma di James F. Fleming, Reinhardt Møbjerg Kristensen, Martin Vinther Sørensen, Tae-Yoon S. Park, Kazuharu Arakawa, Marc Blaxter, Lorena Rebecchi, Roberto Guidetti, Tom A. Williams, Nicholas W. Roberts, Jakob Vinther, Davide Pisani, hanno partecipato diversi importanti gruppi di ricerca internazionali che hanno integrato informazioni paleontologiche, morfologiche e molecolari: il Laboratorio di Zoologia Evolutiva del dipartimento di Scienze della Vita di Unimore, le Scuole di Scienze della Terra e di Scienze Biologiche dell’Università of Bristol (Regno Unito), il Museo di Storia Naturale di Copenhagen (Danimarca), il Polar Research Institute della Repubblica di Corea, l’Institute for Advanced Biosciences della Keio University, l’Institute of Evolutionary Biology dell’Università di Edimburgo (Regno Unito).

LABORATORIO ZOOLOGIA EVOLUZIONISTICA

Una delle linee evolutive sviluppate nel laboratorio riguarda lo studio dell’evoluzione e degli adattamenti dei tardigradi.

LORENA REBECCHI

E’ professore ordinario di Zoologia. Ha coordinato diversi progetti di ricerca nazionali ed internazionali, attualmente coordina un gruppo di ricerca UNIMORE all’interno del progetto Europeo DRYNET per lo sviluppo di strategie di conservazione in uno stato essiccato di cellule e germoplasma per il biobanking a partire dalle proprietà biologiche dei tardigradi.

ROBERTO GUIDETTI

E’ professore associato di Zoologia. Svolge la sua attività di ricerca attraverso numerose collaborazioni internazionali che lo hanno portato a sviluppare progetti di ricerca tesi a valutare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla biodiversità di ambienti estremi come l’Antartide e l’Artide. Attualmente coordina un gruppo di ricerca UNIMORE per lo studio della biodiversità dei tardigradi scandinavi.