Questa mattina, personale della Squadra Mobile della Questura di Bologna ha eseguito una ordinanza di arresti domiciliari emessa dal GIP presso il Tribunale di Bologna nei confronti di R.O., 33enne nigeriana, ritenuta responsabile dei reati di reclutamento, sfruttamento e favoreggiamento della prostituzione (aggravati perché commessi con violenza e minaccia ed ai danni di più persone) e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

L’attività d’indagine condotta dagli investigatori della Polizia di Stato ha avuto origine dalla denuncia sporta nel mese di maggio da una giovane cittadina nigeriana, che raccontava dettagliatamente le proprie vicissitudini da quando, nel luglio del 2016, si era determinata a lasciare la Nigeria dietro la falsa promessa di un’attività lavorativa da svolgere in Italia.

Dopo il consueto rito “juju”, che la obbligava alla promessa di pagare 30.000 euro alla madame alla quale sarebbe stata affidata, seguiva il viaggio verso la Libia e da lì, in Italia, dove sbarcava sulle coste della Sicilia nell’ottobre di quell’anno.

Condotta in un centro di accoglienza di Milano, la ragazza prendeva contatti con l’indagata, della quale aveva ricevuto il nome ed il numero sin da quando, nel paese d’origine, era stata sottoposta al rito “juju”. La futura sfruttatrice la raggiungeva quindi a Milano per poi condurla nella sua abitazione a Cadelbosco di Sopra, nel reggiano, dove già si trovava un’altra giovane connazionale, anche lei vittima dell’attività di sfruttamento posta in essere dall’indagata.

Appreso il vero motivo del suo arrivo in Italia, dietro minaccia, anche la nuova arrivata intraprendeva l’attività prostitutiva a Modena sotto il controllo della madame e seguendo gli insegnamenti della connazionale. Nel mese di aprile, stanca di quella vita, la ragazza riusciva a fuggire durante l’attività di meretricio e raccontava il dramma che stava vivendo agli investigatori della Squadra Mobile di Bologna.

L’indagine, condotta attraverso una serie di riscontri sul territorio e di analisi tecniche, ha consentito di raccogliere elementi sull’attività di sfruttamento posta in essere dalla 33enne, tanto da consentire di emettere il provvedimento restrittivo nei suoi confronti.