Dopo sei anni di calvario è arrivata la sentenza della Corte di Cassazione: Maria Grazia Modena è completamente innocente. La Camera di Consiglio fa così cadere anche l’ultima accusa, il falso, assolvendo inequivocabilmente la professoressa, ex primario del reparto di Cardiologia del Policlinico di Modena (a tutt’oggi sospesa dal Policlinico e reintegrata solo da un anno nel suo incarico di professore ordinario all’Università di Modena e Reggio Emilia), da tutte le accuse legate all’inchiesta ‘Camici sporchi’, il più grande scandalo giudiziario della sanità esploso nell’ultimo decennio.
Assolta con formula piena perché i fatti non sussistono la professoressa Modena ha vinto la sua battaglia contro le parti civili: Regione, Policlinico, associazione ‘Amici del cuore’ (che dovranno, così, pagare anche le spese processuali) e anche contro la pubblica accusa sostenuta dalla Procura Generale presso la Corte d’Appello di Bologna. Sul primario la magistratura modenese, con il pubblico ministero Marco Niccolini, l’allora procuratore capo Vito Zincani (succeduto per pensionamento da Lucia Musti), avevano mosso accuse gravissime tra le quali: associazione per delinquere, truffa al sistema sanitario nazionale, corruzione, abuso d’ufficio e falso.
Presunti reati che nel febbraio del 2015, davanti al Gup Andrea Romito, avevano portato alla condanna a quattro anni, con il rito abbreviato, della professoressa, interdetta dai pubblici uffici per cinque anni. La prof. Modena, difatti, ribadendo sin dal primo giorno la propria innocenza (sancita definitivamente ieri dalle toghe romane) aveva scelto il rito abbreviato, con la volontà di accorciare i tempi del giudizio nei suoi confronti. Il primo colpo di scena risale al dicembre 2016, quando i giudici della Corte d’Appello di Bologna cestinano quasi completamente la condanna in primo grado nei confronti della Modena: da quattro anni si passa ai soli otto mesi, rimasti, appunto, per l’unica accusa di falso. Il 2 marzo 2017 escono le motivazioni dell’Appello, che parlano di assenza totale di prove, possibile inattendibilità delle dichiarazioni di Rosario Rossi e Fabio Sgura (i principali accusatori della cardiologa) e della fragilità del costrutto delle indagini. Ad avvenuta sentenza di secondo grado, la Modena ha deciso di rivolgersi, così, alla Cassazione per vedere cancellata anche la condanna a otto mesi per falso. Così è stato e, ora, il suo camice è tornato candido.
“Non sapete cosa voglia dire per me il termine “Camici sporchi” io che ho fatto della mia intera esistenza una missione. Inutile dire, adesso, che sono felice _ afferma la prof. Maria Grazia Modena _. Ma la sconfitta morale rimane. E’ stato inutilmente smantellato un reparto che avevo costruito con un’accuratezza maniacale. Mi erano serviti anni per creare uno staff che potesse fare diventare un’eccellenza internazionale il reparto di Cardiologia di una piccola cittadina come Modena. Ora tutto questo non c’è più. Ma io ho ancora la forza e la voglia di costruirlo. L’amarezza maggiore l’ho provata per i pazienti che hanno creduto, sotto l’onda mediatica distruttiva messa in atto nei miei confronti, che il mio gruppo facesse azioni illecite e, per farlo, usasse la loro pelle”.
Questi sentimenti della Modena aleggiano nei due libri che la prof. Modena ha scritto durante questi anni di “limbo” nei quali ha raccontato fatti precisi accompagnati da nomi, cognomi e prove. Ai quali non è detto non ne segua un altro.

“Penso a tutti i medici, incriminati e non _ continua inarrestabile l’ex primario -, che hanno costruito con me quella Cardiologia. Io sono certa della loro innocenza e, invece, molte di queste persone sono ancora sotto un assurdo processo nonostante decine di testimoni abbiano dimostrato l’insussistenza di tutte le accuse. Oggi ho capito che le stesse carte che hanno portato alla mia condanna in primo grado sono state smentite sia dalla Corte d’Appello di Bologna sia dalla Corte Suprema di Cassazione: questo dimostra che quelle che erano state considerate “prove” dalla Procura di Modena sono state, invece, valutate insussistenti e frutto di indagine non accurate”.
Se penso _ continua la prof. Modena _ ai denari pubblici che, a partire dal costo degli elicotteri che hanno circondato casa mia e degli altri otto medici arrestati quell’indimenticabile 9 novembre del 2012 fino a tutte le spese occorse in questo accanimento processuale, hanno pesato sulle tasche dei cittadini, mi assale un grande dispiacere. Perché se quei denari, così sprecati, fossero stati investiti nella sanità pubblica, avrebbero sicuramente apportato a Modena un ulteriore salto di qualità. Questo è stato un processo politico, non penale. E questa è stata, da un lato, la mia salvezza perché sapevo che contro avevo i poteri forti. Davanti a un nemico titanico ho trovato quella forza che, altrimenti, probabilmente, non avrei avuto per portare avanti una battaglia nella quale non solo si ristabilisse la mia dignità di professionista e donna ma, soprattutto, quella dei pazienti e dei medici che hanno pagato con me. Alcuni di questi erano all’inizio della loro carriera e, questo processo, ha distrutto le loro vite. Altri si sono visti emarginati solo perché hanno continuato a credere in me”.
Questa sentenza rafforza l’entusiasmo della prof. Modena: “Cosa farò adesso? Non voglio vendetta. Voglio ciò che è mio: il reparto di Cardiologia e, soprattutto, i miei pazienti”.